La Fornarina di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
ArteWorld.
Eccoci nuovamente insieme ad un altro importante quadro di Raffaello Sanzio. Questo artista, nelle ultime settimane ha avuto un ruolo fondamentale negli articoli del nostro sito, grazie alle innumerevoli analisi stilistiche delle sue opere. Proseguendo tale itinerario, oggi andremo a scoprire tutto quello che riguarda il quadro intitolato “La Fornarina”.
In questo articolo, parleremo prima di tutto della storia della trasmissione dell’opera, poi passeremo direttamente all’analisi stilistica, scoprendo tutte le caratteristiche che rendono questo lavoro uno dei più apprezzati in assoluto in tutta la produzione del Sanzio.
Data di produzione: 1518-1519
Dimensioni: 85 x 60 cm
Dove si trova: Galleria Nazionale d’Arte Antica, Roma
Questo lavoro viene citato all’interno delle fonti per la prima volta all’interno della collezione di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora, poi nel 1605, quando la contessa viene meno, giunge presso il genero Giovanni Buoncompagni, altro duca. Successivamente, il ritratto viene acquistato dalla famiglia Barberini e resterà di loro proprietà fino alla metà del Seicento. Circa sessanta anni anni fa, questo lavoro è stato spostato anche presso la Galleria Borghese.
Seppur breve la storia della trasmissione di questo lavoro, non si può fare lo stesso discorso riguardo l’identità della donna: a tal proposito, ci sono tante ipotesi discordanti riguardo chi è il soggetto ritratto in questo quadro. Una buona maggioranza degli studiosi riconoscono nel lavoro del Sanzio la figura di Margherita Luti, amante di Raffaello e che le fosse stato attribuito il nome di “Fornarina”; proprio riguardo al nome però c’è più di qualche problema, infatti, secondo documenti recenti, proprio il termine “Fornarina” non sarebbe il nome della donna ma una scritta riportata in calce nel Settecento sull’opera.
C’è un altro appunto da fare sempre riguardo l’identità della donna: la critica è divisa riguardo il riconoscimento del soggetto come abbiamo già detto, ma ancor più pressante è l’idea che probabilmente la donna ritratta dal Sanzio potrebbe essere solo l’immagine di una bellezza ideale, ed in poche parole, potrebbe non esistere in realtà la protagonista dell’opera.
Nella vasta produzione di Raffaello però, i tratti fisiognomici de “La Fornarina” li ritroviamo in più di qualche donna, come ne “La Velata” o il “Trionfo di Galatea”, dove senza dubbio le donne protagoniste sono accomunate da più di qualche somiglianza.
Passiamo ora ad effettuare l’analisi dell’opera: la donna ritratta indossa solo un velo ed ha il seno scoperto: solo questi dettagli possono farci intuire che sicuramente il lavoro era destinato ad una collocazione privata, proprio come la famosa “Maja desnuda” di Goya. Con una mano regge il velo fino al petto e con l’altra mano copre le gambe con un tessuto rosso. Il soggetto non è rappresentato di fronte all’osservatore, ma è girata di tre quarti.
A coprire parzialmente i capelli c’è un turbante di seta a righe verdi e azzurre, riccamente decorato e dove si intravede una spilla con una perla, accessorio molto comune al tempo, ed è già presente anche nel “Ritratto di Maddalena Doni”. Aguzzando lo sguardo, è possibile notare che dietro alla donna è presente un cespuglio di mirto, sacro alla dea Venere, simbolo della bellezza.
Ultimo punto ancora fonte di discussione è l’attribuzione del lavoro: nonostante sul braccio della donna in primo piano ci sia un bracciale che riporta “RAPHAEL VRBINAS” e che attesterebbe senza dubbio tale lavoro al Sanzio, notevoli differenze nello stile del lavoro hanno aperto un nuovo percorso di studio, secondo cui l’opera potrebbe essere stata svolta in collaborazione dal Sanzio con gli allievi della sua bottega romana, tra cui spicca la mano di Giulio Romano.
La Fornarina di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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