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Ritratto di Maddalena Strozzi di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Ritratto di Maddalena Strozzi di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Eccoci nuovamente in compagnia delle opere di Raffaello Sanzio, che stiamo imparando a conoscere attraverso i suoi bellissimi lavori e che stiamo analizzando nelle ultime settimane sul nostro blog. Oggi, andremo a studiare un’opera molto interessante e legata ad un altro lavoro del Sanzio che abbiamo già analizzato, ovvero “Ritratto di Agnolo Doni”, e difatti, oggi andremo a studiare tutti i dettagli dell’opera intitolata “Ritratto di Maddalena Strozzi”.

In questo articolo troverete tutti i dettagli legati a quest’opera, partendo dalla storia della sua commissione fino a giungere all’analisi stilistica di tale ritratto effettuato da Raffaello Sanzio. Per qualsiasi informazione, potete lasciare un commento qui sotto e noi provvederemo a darvi le informazioni che ci richiedete.

Ritratto di Maddalena Strozzi Raffaello Sanzio analisi

“Ritratto di Maddalena Strozzi” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1506

Dimensioni: 63 x 95 cm

Dove si trova: Galleria Palatina, Firenze

La storia della commissione e il suo viaggio fino alla Galleria Palatina di Firenze è pressoché identica a quella del “Ritratto di Agnolo Doni”, e per evitare ripetizioni, vi riporteremo in maniera riassuntiva tutta la storia. I due ritratti sono stati commissionati da Agnolo Doni, il marito di Maddalena Strozzi, e furono due bellissimi lavori che vennero imitati fin da subito. Le opere rimasero in mano alla famiglia Doni fino al 1826, fino a che vennero entrambi venduti al granduca Leopoldo II di Toscana e che la portò definitivamente alla Galleria Palatina dove si trova tutt’ora.

Passiamo all’analisi stilistica dell’opera: a primo impatto, proprio come con il ritratto del marito Agnolo, ricorda moltissimo l’impostazione de “La Gioconda” di Leonardo da Vinci, ma ci sono sostanziali differenze. In un primo progetto dell’opera, invece del bel panorama alle spalle della donna, la scena doveva essere settata all’interno di una stanza. Maddalena ha lo sguardo verso lo spettatore ed il busto girato di tre quarti verso sinistra.

Molto interessante è lo sguardo del soggetto, poiché è sicuro e fissato direttamente sullo spettatore, e che simboleggia sicurezza e afferma lo status sociale della donna. Analizziamo ora le vesti di Maddalena: essa indossa delle vesti molto decorate e innumerevoli gioielli, tra cui la collana con ben tre pietre preziose differenti, ovvero uno smeraldo (simbolo della castità), il rubino (simbolo della forza), lo zaffiro (simbolo della purezza) e la grossa pietra bianca a forma di goccia indica invece la fedeltà coniugale.

Il vestito è di colore azzurro ed estremamente decorato, con delle maniche colorate con un blu deciso ma non disturbante, in contrasto con il colore arancio della veste. Tale ritratto, differentemente da quello di Agnolo Doni, è più idealizzato e meno realistico, come si conveniva nella ritrattistica di quei tempi, dove il Sanzio ha preferito prediligere l’esaltazione della condizione sociale della donna piuttosto che proporre un ritratto realistico.

In ultima istanza, è bene notare il paesaggio a cui facevamo riferimento in precedenza, nel quale gli studiosi hanno riconosciuto un tipico panorama della regione umbra.

Ritratto di Maddalena Strozzi di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Ritratto di Baldassarre Castiglione di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Ritratto di Baldassarre Castiglione di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Eccoci nuovamente in compagnia delle bellissime opere di Raffaello Sanzio, il quale ha senza dubbio lasciato un’orma indelebile all’interno della storia dell’arte moderna. Nelle ultime settimane abbiamo imparato ad apprezzare e studiare molti dei suoi lavori, tra cui gli ultimi ritratti che abbiamo analizzato, ovvero “Ritratto di Maddalena Strozzi” e anche “Ritratto di Agnolo Doni”, di cui abbiamo scoperto la storia che li lega ed anche gli importanti dettagli che li hanno resi così popolari. Oggi, all’interno di questo articolo studieremo un’altra importante opera, intitolata “Ritratto di Baldassare Castiglione”.

Proprio come abbiamo fatto anche con altri importanti lavori di Raffaello e non solo, all’interno dell’articolo odierno, troverete la descrizione dell’opera, la storia relativa alla sua commissione e com’è giunto questo ritratto presso l’ubicazione odierna.

Ritratto di Baldassarre Castiglione Raffaello Sanzio analisi

“Ritratto di Baldassarre Castiglione” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1514-1515

Dimensioni: 82 x 67 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

Il soggetto e Raffaello erano grandi amici, e Baldassarre Castiglione è stato un importante studioso ed umanista del suo tempo. I due erano legati da diversi anni e probabilmente l’opera è stata realizzata come un gesto di stima da parte del pittore verso il Castiglione; quest’ultimo portò con se il proprio ritratto fino a Mantova, e successivamente andò a finire nel mercato artistico, spostandosi dall’Olanda fino a giungere a Madrid ed infine a Parigi, dove risiede tutt’ora.

Questo autoritratto è considerato come uno dei più belli ed influenti di tutto il Cinquecento, a tal punto che si contano importanti copie della stessa opera, una per mano di Pieter Paul Rubens ed una realizzata da Rembrandt. Riassunta molto brevemente la storia di questo interessantissimo quadro, adesso ci apprestiamo ad analizzare stilisticamente questo importante lavoro del Sanzio.

Baldassarre è rappresentato in un contesto abbastanza scuro, reso ancora più ombroso proprio dallo stesso soggetto; proprio come da consuetudine, il soggetto è rappresentato a mezzobusto e non completamente, e con lo sguardo rivolto verso lo spettatore. Effettuando una breve descrizione del soggetto, si può notare che pur essendo uno studioso, portava la barba lunga proprio come era di moda nel Cinquecento, e grazie allo sguardo completamente rivolto verso l’osservatore, Raffaello riesce a instaurare un buon rapporto tra soggetto ed osservatore.

L’espressione di Baldassarre è calma e riflessiva e rispecchia quindi un alto grado di intelligenza, a tal punto che si pensa che lo stesso soggetto abbia partecipato in prima persona alla realizzazione dell’opera. L’abito del Castiglione è quello che si conviene ad un ricco studioso: indossa una giacca nera con maniche di pelliccia ed anche un cappello scuro in tinta con la stessa giacca e che permette di delineare perfettamente il contorno del soggetto.

I colori utilizzati rimandano alle cromie della terra, proprio come accadeva in “Belle Jardinière” del Sanzio, selezionati con cura e ben distribuiti sulla tela e che permettono all’azzurro sguardo del soggetto di predominare rispetto al resto della composizione.

Ritratto di Baldassarre Castiglione di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Autoritratto di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Autoritratto di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Eccoci nuovamente insieme ai bellissimi quadri di Raffaello Sanzio, e con il passare delle settimane ci avviciniamo ai quadri più popolari in assoluto di questo pittore del Cinquecento. Oggi andremo a scoprire tutto quello che riguarda il cosiddetto “Autoritratto” dello stesso Raffaello, dopo aver concluso l’analisi completa del “Ritratto di Maddalena Strozzi”.

In questo articolo troverete tutto quello che bisogna sapere riguardo questo importante lavoro del Sanzio, e qualora aveste ulteriori informazioni da aggiungere a ciò che vi riportiamo all’interno di questo articolo, potete lasciare il vostro pensiero proprio sotto questo post con un commento.

Autoritratto Raffaello Sanzio analisi

“Autoritratto” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1504-1506

Dimensioni: 47,5 x 33 cm

Dove si trova: Galleria degli Uffizi, Firenze

Partiamo prima di tutto con la storia della trasmissione di questo importante lavoro. Le informazioni che abbiamo riguardo il passaggio di questo autoritratto tra i vari proprietari sono abbastanza sparpagliate: viene citata quest’opera nella collezione di Leopoldo de’ Medici a Roma, poi nell’Accademia di San Luca; seguendo un altro filone di informazioni, invece, sembrerebbe che questo lavoro facesse parte dell’eredità di Vittoria della Rovere, la quale era la moglie di Ferdinando II de’ Medici.

In entrambi i casi, l’opera è nuovamente citata a Palazzo Pitti nel 1652 ed infine all’interno della collezione di autoritratti del cardinale Leopoldo, per poi giungere definitivamente al’interno degli Uffizi.

Passiamo ora all’analisi dell’opera: in primo luogo, dopo tanti anni è stata accettata (anche se non completamente) l’identità di Raffaello all’interno di quest’opera, grazie ai controlli incrociati che sono stati effettuati su tutta la produzione del Sanzio e che hanno permesso di scoprire uomini con fattezze somiglianti sia all’interno della “Scuola di Atene” che nell’affresco “Cacciata di Eliodoro dal tempio”.

Differentemente dalla tradizione, il busto del soggetto è girato di tre quarti, mentre con lo sguardo invece fissa direttamente lo spettatore, dando la sensazione che si stia voltando per colloquiare con qualcuno. Raffaello è vestito completamente scuro e questo permette di delineare perfettamente il suo contorno ed anche di dare maggior luminosità e risalto alla sua pelle. A livello estetico, il soggetto porta i capelli lunghi e presenta un volto ovale e giovane, privo di imperfezioni.

Autoritratto di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Madonna del Belvedere (Madonna del Prato) di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Madonna del Belvedere (Madonna del Prato) di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Continuiamo ancora una volta il nostro percorso di studio della figura di Raffaello Sanzio, che stiamo imparando a conoscere giorno dopo giorno attraverso le analisi e gli studi dei suoi quadri e lavori più importanti, tra cui spicca senza dubbio l’“Autoritratto” che tra diversi misteri e dettagli, ci ha permesso di scoprire molto dell’abilità di questo artista. Nell’articolo odierno andremo a studiare un altro lavoro molto importante, intitolato “Madonna del Belvedere” o anche “Madonna del Prato”.

In questo articolo, per coloro che non ne fossero a conoscenza, partiremo prima di tutto dalla storia della realizzazione dell’opera, descrivendo la commissione e successivamente la trasmissione del quadro, fino a giungere all’analisi del lavoro. Per qualsiasi curiosità o informazione, potete lasciare un commento in fondo all’articolo. Se volete saperne di più sulla vita e sui lavori di Raffaello, vi segnaliamo qui sotto un’ottima selezione di libri che vi aiuteranno ad approfondire il vostro studio.

Madonna del Belvedere Raffaello Sanzio analisi

“Madonna del Belvedere” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1506

Dimensioni: 113 x 88 cm

Dove si trova: Kunsthistorisches Museum, Vienna

Partiamo dal fatto che la datazione dell’opera è certa, poiché troviamo riportato proprio sull’orlo del vestito della Vergine riportata una data, ovvero M.D.VI. Detto questo, iniziamo il nostro studio della “Madonna del Belvedere” riassumendo la storia della commissione e trasmissione. Stando alle fonti, l’opera venne realizzata per Taddeo Taddei, poi successivamente venne data a Ferdinando d’Austria che la portò con se, fino a giungere nel 1773 nelle collezioni imperiali viennesi, più precisamente all’interno del palazzo del Belvedere da cui l’opera ha preso il titolo con cui è riconosciuta.

I più esperti avranno subito riconosciuto che in quest’opera viene riproposto uno schema che abbiamo già avuto modo di studiare in un’altra opera, ovvero “Belle Jardinière”, ma anche la stessa composizione della “Madonna del Cardellino”, le quali entrambe fanno parte della produzione del Sanzio.

La scena che Raffaello ci propone vede protagonisti la Vergine Maria, Gesù Bambino e San Giovanni Battista (anch’esso bambino). Lo schema che i personaggi formano è piramidale, dove Maria è la punta di quest’ultima; l’ambiente che li circonda è un bellissimo ambiente naturale, con una breve traccia in fondo a sinistra, di qualche costruzione urbana.

Gesù Bambino si appoggia alle gambe della madre mentre cerca di tenersi in piedi, e sembra che stia muovendo i primi passi come un qualsiasi altro neonato. Il cugino San Giovanni si inginocchia, mostrando rispetto davanti al Salvatore, ed entrambi giocano con la croce, tipico simbolo della Passione di Cristo e del suo infausto futuro.

Molto interessanti sono le espressioni dei protagonisti, e soprattutto quella di Maria, che tradizionalmente conscia del tragico futuro di Gesù, viene rappresentata sempre pensierosa e triste, mentre in questo caso è serena ed apprezza questo piccolo momento di divertimento di suo figlio. Le vesti di Maria sono molto interessanti: il colore rosso difatti rappresenta la Passione di Cristo, mentre il blu la Chiesa, e simbolicamente quindi indica l’unione tra questi due elementi; è da tenere in considerazione anche la posizione della Vergine, il cui busto è ruotato verso destra, mentre con la testa e lo sguardo si rivolge verso i due bambini che giocano, come se precedentemente fosse voltata altrove.

Il richiamo alle opere di Leonardo da Vinci all’interno di questo quadro è ovvio, soprattutto per la composizione della scena. Alle spalle dei tre personaggi è possibile scrutare un papavero rosso che spicca rispetto a tutto il resto dell’ambiente, e questo è solo un altro elemento che allude alla Passione di Cristo.

Madonna del Belvedere (Madonna del Prato) di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Ritratto di Bindo Altoviti di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro

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Ritratto di Bindo Altoviti di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro
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Andiamo anche oggi avanti nel nostro viaggio di conoscenza delle bellissime opere di Raffaello Sanzio, popolarissimo pittore del Cinquecento, il quale ebbe grandiosa fortuna già ai suoi tempi, la cui fama si è prolungata fino ai nostri giorni, rendendolo immortale. Tra i suoi quadri più belli che abbiamo analizzato, possiamo ricordare l’interessante “Madonna del Belvedere”La prossima tappa del nostro viaggio in compagnia di Raffaello è il “Ritratto di Bindo Altoviti”.

In questo articolo troverete prima di tutto la storia della commissione e trasmissione dell’opera e successivamente parleremo della descrizione della composizione e del soggetto, effettuando una rapida analisi stilistica.

Ritratto di Bindo Altoviti Raffaello Sanzio analisi

“Ritratto di Bindo Altoviti” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1515

Dimensioni: 60 x 43,8 cm

Dove si trova: National Gallery of Art, Washington

Chi era Bando Altoviti? Costui era un popolare e ricco banchiere fiorentino, il quale visse a Roma per un periodo legato alla cacciata della sua famiglia da Firenze a causa dei Medici, i quali si erano imposti al potere ed avevano estromesso le possibili minacce. Il collegamento tra Altoviti e l’arte era molto profondo: fu infatti un grande mecenate del suo tempo, promuovendo artisti ed essendo anche amico di quest’ultimi, tra cui lo stesso Raffaello.

L’opera inizialmente venne esposto a Roma, e poi rimase all’interno delle collezioni private degli Altoviti fino al 1808, dove poi venne acquistato dal re Ludovico I di Baviera ed il ritratto venne spostato in Germania. Negli anni Novanta venne ceduto ad un imprenditore americano, il quale poi lo donò definitivamente alla National Gallery of Art di Washington.

Riassunta brevemente la storia della commissione e trasmissione fino ai giorni nostri dell’opera, adesso passiamo alla descrizione ed analisi di questo interessante ritratto. Bando Altoviti indossa un mantello blu con una casacca nera, entrambi scollati sulla schiena, lasciando intravedere una parte del collo.

Differentemente dalla tradizione, Bando Altoviti viene ritratto mentre è girato di spalle, quasi come se fosse in posa per una moderna fotografia di moda. Mentre si trova di spalle, con la testa si rivolge verso lo spettatore e lo guarda, instaurando un legame con l’osservatore e trasmettendo un forte senso di nobiltà ed intelligenza da parte del soggetto. La mano che si intravede e che Bando porta al petto, mette in risalto un anello d’oro che si distacca ampiamente dal fondo verde che circonda il soggetto.

Ritratto di Bindo Altoviti di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro
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Piccola Madonna Cowper di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Piccola Madonna Cowper di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Eccoci nuovamente in compagnia di un altro quadro di Raffaello Sanzio, e man mano che approfondiamo lo studio su questo artista, andremo a scoprire tutti i dettagli sulle sue opere più importanti. Nell’ultimo post, abbiamo analizzato e descritto un’opera riguardante un amico dell’artista, ed il lavoro era intitolato “Ritratto di Bindo Altoviti”. Oggi andremo a studiare invece un’altra opera ritraente un soggetto ricorrente all’interno della produzione del Sanzio, ed il lavoro in questione è intitolato “Piccola Madonna Cowper”.

All’interno di questo articolo procederemo prima di tutto andando a riportare tutta la storia riguardante la trasmissione dell’opera, e successivamente passeremo alla descrizione del lavoro ed effettueremo una breve analisi stilistica. Per qualsiasi aggiunta od informazione, potete lasciare un commento in fondo all’articolo e noi provvederemo a rispondere nel minor tempo possibile. Prima di procedere oltre, vi segnaliamo qui sotto i migliori libri su Raffaello Sanzio, che potranno contribuire a darvi un quadro più completo sulla vita e sulla produzione artistica di questo importante artista del Cinquecento.

Piccola Madonna Cowper Raffaello Sanzio analisi

“Piccola Madonna Cowper” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1504/1505

Dimensioni: 58 x 43 cm

Dove si trova: National Gallery of Art, Washington, U.S.A.

Sappiamo relativamente poco sulla commissione dell’opera, e sono ancora in corso degli importanti studi che potrebbero magari arricchire questa sezione; non sappiamo se l’opera fosse destinata ad un cliente privato oppure ad un contesto pubblico, ma andando a guardare immediatamente il quadro, è possibile notare che dietro al Bambino sulla destra, vi è una chiesa che è stata identificata da alcuni studiosi come la Chiesa di San Bernardino, dove i Duchi di Urbino erano sepolti; questo collegamento ha fatto pensare che probabilmente l’opera è nata come un omaggio da parte della stessa famiglia per devozione, ma la questione è ancora irrisolta.

Chiesa di San Bernardino Piccola Madonna Cowper Raffaello Sanzio analisi

“Piccola Madonna Cowper” (dettaglio della chiesa di San Bernardino) Raffaello Sanzio

Riguardo alla trasmissione dell’opera e come quest’ultima sia giunta in America, è necessario sapere che è stata acquistata dal conte di Cowper (da cui prende il nome l’opera) da una collezione privata in Italia. Negli anni successivi il quadro passò di mano in mano tra vari mercanti d’arte e poi giunse a Joseph Widener ed alla sua dipartita, sia questo lavoro del Sanzio che l’intera collezione di cui l’uomo era proprietario, vennero donati al National Gallery of Art di Washington.

Riassunta brevemente la storia dell’opera, adesso passiamo all’analisi stilistica della Piccola Madonna Cowper”. In prima istanza, i soggetti rappresentati sono la Vergine Maria e Gesù Bambino (curiosamente manca San Giovannino, di solito sempre il terzo protagonista in queste scene in molte opere del Sanzio); i due soggetti sono legati in un abbraccio reciproco, mentre il busto della donna è girato verso destra, il Bambino accenna ad un movimento verso l’altro lato, portando ad un’ulteriore avvicinamento tra loro.

Seppur legati dai gesti, entrambi guardano verso lo spettatore. I colori utilizzati sono dolci e non fastidiosi, mettendo in risalto i capelli biondi di entrambi i protagonisti ed anche il rosso e blu della veste della Vergine. Tutta la scena è settata in un ambiente bucolico, dove spiccano sulla sinistra alcuni alberi in lontananza, e dall’altro lato la possibile chiesa di San Bernardino, già citata in precedenza.

Piccola Madonna Cowper di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Madonna di Pasadena di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto

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Madonna di Pasadena di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Siamo quasi giunti al termine del nostro viaggio tra le bellissime opere del pittore cinquecentesco Raffaello Sanzio, il quale già mentre era in vita godeva di un grande prestigio e rispetto presso gli altri artisti, (in particolar modo era stimato da Giorgio Vasari), e anche dopo la sua morte, la sua fama continuò a crescere costantemente, facendolo diventare uno degli artisti più ammirati e studiati nel mondo contemporaneo. Nell’articolo odierno andremo a studiare la “Madonna di Pasadena”.

In questo articolo troverete la descrizione dell’opera e l’analisi stilistica di questo importante dipinto, il quale per la tecnica utilizzata è uno dei lavori più apprezzati del Sanzio. Per tutte le altre opere di questo artista, potete continuare a seguire il nostro blog oppure consultare gli articoli precedenti a questo, o ancora potete acquistare un libro dalla nostra selezione di documenti che abbiamo realizzato su Raffaello nel link qui sotto.

Madonna di Pasadena Raffaello Sanzio analisi

“Madonna di Pasadena” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1503

Dimensioni: 55 x 40 cm

Dove si trova: Norton Simon Museum of Art, Pasadena, California

Abbiamo scarse informazioni riguardo la commissione dell’opera ed abbiamo i primi documenti certificati e verificati unicamente quando la “Madonna di Pasadena” passa nelle mani di Thomas Townend nel 1883, per poi passare di discendente in discendente tra le generazioni inglesi, per poi essere venduta nel 1952 alla Wildenstein & Co., e circa venti anni dopo giunge al Norton Simon Art Foundation, dove risiede attualmente.

L’opera è molto interessante, e come si può notare in prima istanza, ritrae un tema ricorrente nella produzione di Raffaello, dove i protagonisti sono la Vergine Maria ed il Bambino. Raffaello aveva studiato a lungo questo tipo di scena e ha riproposto in tantissime varianti questa particolare scena che vede il forte legame madre e figlio tra Maria e Gesù Bambino.

I colori utilizzati rimandano ancora una volta alle tonalità della terra, i quali erano utilizzati moltissimo da un altro collega di Raffaello, ovvero Leonardo da Vinci, che il Sanzio ammirava e dal quale molto spesso prendeva ispirazione per le proprie opere. Analizziamo per bene la scena: possiamo notare che come al solito l’ambiente che circonda i due protagonisti è bucolico, dove in fondo a sinistra emerge qualche costruzione, le cui sagome si riflettono sulla superficie acquatica, dando forte realismo alla composizione.

La Vergine è vestita con i tradizionali colori rosso e blu, i quali rappresentano rispettivamente la Passione di Cristo e la Chiesa, ed allude all’unione indissolubile di questi due elementi. I due protagonisti formano una sorta di piramide, di cui Maria è la punta; mentre la Vergine guarda al Bambino e teneramente lo abbraccia, con l’altra mano trattiene un libro; allo stesso modo anche Gesù regge il libro e con l’altra mano stringe le dita della madre, mentre guarda verso il cielo.

Il libro è molto interessante, poiché secondo gli studi effettuati, sarebbe aperto sulla pagina de “La Nona”, una preghiera che viene recitata quotidianamente dalle comunità monastiche e che celebra e ricorda il sacrificio di Cristo sulla croce. Allo stesso modo, anche lo sguardo del Bambino verso il cielo mentre regge il libro, potrebbe essere inteso come un richiamo al proprio sacrificio.

Madonna di Pasadena di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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San Michele e il drago di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto

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San Michele e il drago di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Siamo quasi giunti a compimento del nostro viaggio in compagnia delle bellissime opere di Raffaello Sanzio, e con il passare delle settimane ci siamo avvicinati sempre più ai suoi lavori più popolari, partendo da quelli meno conosciuti (ma non per questo meno interessanti) fino a giungere ai capolavori indiscussi e riconosciuti dalla critica. Nell’articolo odierno, andremo a scoprire un altro interessantissimo lavoro di questo artista, intitolato “San Michele e il drago”.

Questo articolo sarà composto nella seguente maniera: commissione, trasmissione ed infine analisi stilistica del lavoro, in modo tale da avere una panoramica completa riguardo questo dipinto realizzato dal Sanzio, sia sotto un profilo storico che ovviamente quello artistico.

San Michele e il drago Raffaello Sanzio analisi

“San Michele e il drago” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1505

Dimensioni: 31 x 27 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

Come detto in precedenza, partiamo prima di tutto dalla storia dell’opera. Sentiamo parlare per la prima volta di “San Michele e il drago” all’interno di un sonetto di Giovanni Paolo Lomazzo, il quale, oltre a citare questo interessante lavoro, parla anche di un altro importante lavoro del Sanzio, ovvero San Giorgio e il drago”, (che studieremo nei prossimi giorni). I due lavori molto spesso sono stati collegati tra loro nelle varie teorie degli studiosi, sia per il tema molto simile ma anche per le misure di entrambe le tele, molto simili tra loro.

Stando sempre al sonetto di Lomazzo, parrebbe che l’opera sia passata nelle mani di Ascanio Sforza, importante conte di Piacenza; da lui l’opera andò a finire nelle proprietà del cardinale Mazzarino ed infine nella collezione reale di Luigi XIV, portandoci definitivamente al Musée du Louvre, dove l’opera è attualmente collocata.

Terminata la storia della trasmissione dell’opera, adesso passiamo a scoprire di più su questo lavoro. In primo piano, proprio al centro della scena, troviamo l’arcangelo Michele, il quale sta schiacciando con un piede il drago, ed è pronto a sferzare un colpo con la sua spada, decapitando definitivamente la bestia ed eliminandolo. San Michele indossa un armatura antica ed uno scudo tipico dei crociati, e risalta rispetto a tutto l’ambiente che lo circonda; ponendo attenzione sulle ali, sul gonfiore delle sue vesti e anche sulla posizione delle gambe, possiamo facilmente intuire che l’arcangelo è giunto dal cielo planando ed è atterrato proprio sul nemico.

Il combattimento avviene in un luogo infernale, dove sono ancora una volta i colori della terra (come accade in altri lavori di Raffaello), e dove spicca il rosso, sul lato sinistro della tela, proprio dove in lontananza si scorgono le mura di un castello in fiamme, identificato dagli studiosi come la città di Dite, dove Dante Alighieri colloca il Sesto cerchio dell’Inferno, ovvero quello dove ci sono gli eretici ed epicurei.

Di difficile interpretazione sono gli altri elementi presenti nella scena: volgendo lo sguardo a destra, è possibile scorgere dei bambini attaccati da dei serpenti, che stando sempre alla Divina Commedia, rappresentano la tortura per i ladri; sul lato sinistro, proprio sotto la città in fiamme si scorgono alcune sagome, che sembrerebbero dei sepolcri in fiamme ma anche delle figure che incappucciate sono attorno ai primi; rifacendoci sempre alla grande opera di Dante, forse i sepolcri alludono alla punizione eterna che spettava agli eretici, mentre le persone con i cappucci invece sono gli ipocriti.

Senza dubbio si tratta di un’opera molto misteriosa e molti dettagli devono ancora essere discussi per bene. Per qualsiasi informazione aggiuntiva riguardo questo dipinto, potete lasciare un commento qui sotto e noi provvederemo ad inserirle immediatamente.

San Michele e il drago di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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La Velata di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto

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La Velata di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Proseguiamo anche oggi nel nostro viaggio in compagnia dei popolari lavori di Raffaello Sanzio, il quale nelle ultime settimane ci ha accompagnato attraverso le analisi delle sue opere più importanti, passando prima dalle commissioni e dai quadri meno conosciuti, fino ad oggi, dove stiamo analizzando e studiando invece le commissioni più popolari e note al pubblico. Nell’articolo odierno andremo a studiare “La Velata”.

In questo articolo troverete tutti i dettagli inerenti a questo lavoro del Sanzio, partendo in primo luogo dalla storia di com’è nato questo lavoro, poi passeremo alla commissione ed infine all’analisi stilistica e descrizione della composizione. Per qualsiasi informazione aggiuntiva od altro, potete lasciare un commento in fondo all’articolo e noi provvederemo a rispondervi ed aggiungere il vostro contenuto nel minor tempo possibile.

La Velata Raffaello Sanzio analisi

“La Velata” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1516

Dimensioni: 85 x 64 cm

Dove si trova: Galleria Palatina, Firenze

La prima volta in cui sentiamo parlare de “La Velata” di Raffaello, è proprio nella casa di un mercante fiorentino, Matteo Botti, dove poi, dopo essere stata trasmessa tra gli eredi della stessa famiglia è andata a finire nella collezione dei Medici. Da qui, nel 1622 andò a finire nel Palazzo Pitti, dove ancora era insicura l’attribuzione del lavoro a Raffaello, e nel giro di qualche anno, ben presto tutti dimenticarono quest’opera poiché pensavano si trattasse di un lavoro di non grande importanza.

Circa 200 anni dopo, nel 1839 si torna a parlare nuovamente di Raffaello come possibile creatore di quest’opera, probabilmente per la grande somiglianza del soggetto ritratto con la Maria Vergine della Madonna Sistina ed anche con altre donne già soggette in altri lavori del Sanzio. In conclusione, gli studiosi hanno pensato che il soggetto ritratto non fosse altro che la Fornarina, amante di Raffaello e modella prediletta dell’artista.

Riassunta brevemente la storia dell’opera, passiamo all’analisi e descrizione di questo importante ritratto ad opera del Sanzio: la donna rappresentata è ritratta a mezzobusto mentre è rivolta leggermente verso sinistra; come suggerisce il titolo del quadro, la donna indossa un velo che la copre leggermente e l’accomuna con la Vergine Maria, altro soggetto ricorrente nella produzione di Raffaello.

Il braccio sinistro della Velata è appoggiato su una possibile cornice, donando così un interessante effetto decorativo, ovvero il rigonfiamento della seta, estremamente realistico e ben fatto. Anche la camicia che indossa la donna è rigonfia ed increspata, che permette di mettere in risalto ancora una volta la grande abilità del pittore.

Grande contrasto cromatico si nota tra i capelli scuri e tutto l’abbigliamento dorato e chiaro che occupa gran parte della composizione. La mano destra che la donna porta al petto sta a significare la grande devozione religiosa da parte sua. Molto interessanti anche gli accessori che compongono l’apparenza della donna, ovvero il diadema con pietre preziose e con la perla, che sta a sottolineare l’appartenenza ad un alto rango sociale; da non dimenticare che proprio questo gioiello è molto simile a quello che abbiamo già avuto modo di scoprire nel “Ritratto di Maddalena Strozzi”, dove però le pietre avevano una posizione diversa.

La Velata di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Tre Grazie di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto

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Tre Grazie di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Eccoci nuovamente insieme in compagnia di Raffaello Sanzio, il quale ci ha accompagnato per oltre un mese con i suoi bellissimi dipinti che hanno radicalmente trasformato la storia dell’arte del Cinquecento fino ai giorni nostri. All’interno dell’articolo odierno, andremo a scoprire un quadro molto importante, il quale è legato ad un altro lavoro che abbiamo già analizzato, ovvero “Sogno del cavaliere”, ed è intitolato “Tre Grazie”.

All’interno di questo post troverete tutti i dettagli inerenti a tale lavoro del Sanzio, partendo prima dalla commissione dell’opera, poi scopriremo la storia della sua produzione e trasmissione ed infine andremo ad effettuare una breve descrizione ed analisi stilistica del lavoro, giusto per scoprire se sono presenti alcuni elementi che potrebbero permetterci di scoprire tutti i punti di forza dello stile di Raffaello.

Tre Grazie Raffaello Sanzio analisi

“Tre Grazie” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1503-1504

Dimensioni: 17 x 17 cm

Dove si trova: Museo Condé, Chantilly

Proprio come già scritto poc’anzi, l’opera era legata già ad un altro lavoro del Sanzio, ovvero “Sogno del cavaliere”, ed in particolar modo, tale legame era dato dalla presenza di entrambi all’interno della collezione Borghese di Roma nel 1650. Circa duecento anni dopo, l’opera venne acquistata da Henri Rboul, il quale esercitava il ruolo di sovrintendente della Repubblica Romana per Napoleone Bonaparte (il quale durante le sue campagne militari in vari paesi, sottrasse un gran numero di opere ai vari nemici) e portò questo piccolo dipinto in Francia.

Da qui poi giunse per un tempo indefinito in Inghilterra, passando da un collezionista ad un altro, fino a giungere definitivamente nel Museo Condé grazie all’acquisto da parte del duca d’Aumale nel 1885.

Passiamo all’analisi stilistica dell’opera: le tre donne rappresentate sono un soggetto nel Cinquecento, e probabilmente Raffaello trovò ispirazione per la realizzazione di tale elemento poiché lo vide a Roma o anche in uno dei suoi viaggi a Siena. Tradizionalmente, le tre donne rappresenterebbero tre valori, ovvero Castitas, Pulchritudo Amor.

Facendo riferimento al significato dell’opera “Sogno del cavaliere”, probabilmente in questo caso le tre donne, che come possiamo vedere, nelle mani hanno delle mele, rappresenterebbero la ricompensa per l’uomo che è giunto al traguardo dopo la scelta tra una vita nello sfarzo e senza difficoltà (scelta della Voluptas), oppure un percorso irto e povero di beni materiali, ma che porterà alla salvezza morale (scelta della Virtus); le mele, inoltre, sono proprio i pomi delle Esperidi, simbolo di immortalità.

Tecnicamente la scena è molto povera: i tre soggetti occupano tutta la scena, mentre il paesaggio alle spalle è naturale e senza alcun dettaglio rilevante. I colori utilizzati sono abbastanza scuri e rimandano ancora una volta ai colori della terra, lasciando intuire un ulteriore richiamo da parte del Sanzio a Leonardo da Vinci.

Grazie alle potenti tecnologie degli anni successivi, è stato possibile scoprire che ci sono state delle modifiche dal disegno originale rispetto all’opera finita: la donna a sinistra infatti sembrerebbe essere stata modificata dallo stesso artista.

Tre Grazie di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Cristo Benedicente di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Cristo Benedicente di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Proseguiamo nel nostro viaggio tra le belle opere di Raffaello Sanzio, il quale ha avuto un ruolo prominente all’interno della storia dell’arte moderna e senza dubbio è stato fondamentale per l’evoluzione delle tecniche cinquecentesche. Nelle giornate precedenti, abbiamo avuto il piacere di analizzare un gran numero di opere di quest’ultimo, costruendo un quadro sempre più completo della vita e dello stile di Raffaello. L’opera che andremo a scoprire oggi è intitolata “Cristo benedicente”.

In questo articolo troverete la storia della produzione e della trasmissione dell’opera, per poi passare successivamente alla descrizione ed analisi stilistica del lavoro, così da avere chiari tutti gli aspetti di questo dipinto del Sanzio.

Cristo Benedicente Raffaello Sanzio analisi

“Cristo benedicente” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1506

Dimensioni: 31,7 x 25,3 cm

Dove si trova: Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

L’opera, molto semplicemente era in possesso della famiglia Mosca di Pesaro, e nel 1821, lo stesso conte Tosio di Brescia, scelse di acquistare questo dipinto dalla famiglia pesarese, insieme ad altri due lavori. Tosio, acquistando tale lavoro, successivamente la portò a Brescia dove risiede attualmente.

La storia della trasmissione dell’opera è stata estremamente breve, ed abbiamo ancor meno informazioni riguardo la commissione e produzione di questo “Cristo benedicente”. Passiamo dunque alla descrizione ed analisi stilistica del lavoro, per scoprire tutti i segreti dell’abilità del Sanzio.

Soggetto indiscusso dell’opera è Gesù Cristo, il quale troneggia al centro della composizione mentre fissa lo spettatore ed è ritratto in una posizione di benedizione. Alle spalle di Cristo si staglia un paesaggio che richiama l’ambiente tipicamente umbro, con dei colori abbastanza scuri, quasi come se il sole stesse tramontando.

Il soggetto indossa un mantello che porta sulla spalla destra fino ad essere mantenuto sulla vita grazie ad un nodo; sul torace si possono osservare tutte le ferite dovute alla celebre Passione di Cristo, tema ricorrente in molte opere del Sanzio, mentre in testa ha una corona di spine.

Analizzando la posizione di Cristo, è possibile notare il gioco di equilibri che Raffaello ha voluto trasportare su tela, dimostrando la sua grande abilità; allo stesso modo, anche l’espressione di Cristo è estremamente realistica, lasciando intuire che la bravura e la professionalità del Sanzio stava andando migliorando anno dopo anno.

Così come anche i altri lavori di Raffaello, anche qui vi è l’utilizzo di colori sfumati e collegati alle cromie della terra, che si ricollega al suo stimato collega Leonardo da Vinci.

Cristo Benedicente di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Autoritratto con un amico di Raffaello Sanzio: analisi del quadro

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Autoritratto con un amico di Raffaello Sanzio: analisi del quadro
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Proseguiamo nel nostro viaggio tra i lavori di Raffaello Sanzio, e man mano che andiamo avanti abbiamo sempre più chiaro il percorso artistico di questo leggendario pittore del Cinquecento. Oggi andremo a scoprire all’interno di questo articolo un importante lavoro, studiato più e più volte dagli studiosi e che affascina per il suo significato ancora non molto chiaro. Il quadro in questione è “Autoritratto con un amico”.

L’articolo sarà suddiviso nel seguente schema: commissione dell’opera, trasmissione e successivamente analisi e descrizione della composizione, per avere un quadro completo di tutto il lavoro.

Autoritratto con un amico Raffaello Sanzio analisi

“Autoritratto con un amico” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1516-1520

Dimensioni: 99 x 83 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

L’opera è molto interessante, anche perché abbiamo veramente poche informazioni riguardo la committenza e la trasmissione stessa del lavoro, se non per il fatto che sappiamo per certo che tale lavoro appartenne per un periodo indeterminato a Francesco I di Francia; di come sia giunto al Louvre o quale sia stata la sua storia di passaggio dalle mani di Francesco I fino al museo, sappiamo veramente poco e nulla.

La cosa che affascina di più di questo lavoro, è l’identità dell’uomo su cui l’uomo di sinistra, ovvero lo stesso Raffaello Sanzio, poggia la mano sulla spalla. Le ipotesi riguardo la sua identità sono state davvero tantissime e tutte quante hanno un fondo di verità che potrebbero dare un nome ed un cognome a questa persona: da una parte c’è chi pensa che si tratti del maestro di scherma del Sanzio, poiché l’uomo ignoto trattiene nella mano destra una spada; c’è chi pensa che si tratti di uno dei suoi allievi prediletti, come ad esempio Giulio Romano, dove, il maestro, toccando affettuosamente la spalla del suo apprendista è come se lo nominasse suo “erede” artistico.

Altre ipotesi lasciano intuire che la figura di destra potrebbe essere anche un committente, ovvero Giovanni Battista Branconio dell’Aquila, per il quale Raffaello aveva progettato il Palazzo Branconio. Tra le varie identità affibbiate a questo individuo, spiccano anche i nomi di Baldassarre Peruzzi e di Antonio da Sangallo il Giovane.

Anche se la questione dell’identità del soggetto è ancora irrisolta, passiamo all’analisi stilistica dell’opera: la scena è ambientata in un luogo molto scuro e dove emergono chiaramente i volti dei due protagonisti ed il loro abbigliamento. Raffaello guarda lo spettatore e con il gesto della mano sulla spalla, sembra voler presentare all’osservatore l’altro personaggio, il quale sentendosi toccare la spalla, si volta verso Raffaello e tende la mano in avanti, proprio come se volesse presentarsi ufficialmente.

Ad aver dato vita alle varie ipotesi di riconoscimento del soggetto sulla destra (elencate in precedenza), hanno contribuito le similari vesti dei due protagonisti e allo stesso modo anche la barba portata allo stesso modo.

Qualora voleste aggiungere ulteriori informazioni su questo lavoro del Sanzio, potete lasciare un commento qui sotto e noi provvederemo a rispondervi nel minor tempo possibile.

Autoritratto con un amico di Raffaello Sanzio: analisi del quadro
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San Sebastiano di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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San Sebastiano di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Eccoci nuovamente in compagnia di Raffaello e delle sue bellissime opere, le quali ci stanno tenendo compagnia da più di un mese. Man Mano che andiamo avanti nel nostro viaggio in compagnia di questo artista cinquecentesco, ci appare sempre più chiaro il suo itinerario artistico e la sua precisa evoluzione stilistica. Nell’articolo odierno andremo a studiare un quadro non molto conosciuto del Sanzio, intitolato “San Sebastiano”.

Molti artisti hanno ritratto tale martire, e senza dubbio una delle versioni più apprezzate e popolari tra il pubblico è quella di Antonello da Messina, che abbiamo già analizzato. In questo articolo, prima di tutto andremo a studiare la commissione, poi la trasmissione dell’opera fino al luogo dove viene conservato attualmente ed infine anche l’analisi stilistica del lavoro e la sua descrizione.

San Sebastiano Raffaello Sanzio analisi

“San Sebastiano ” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1501-1502

Dimensioni: 43 x 34 cm

Dove si trova: Accademia Carrara, Bergamo

L’opera, dalle diverse fonti che ci sono giunte, sarebbe stata prodotta come un’immagine sacra destinata alla devozione privata. Sentiamo poi parlare ancora di questo lavoro all’interno della raccolta Zurla (dove un membro di tale casata era lo zio di Baldassarre Castiglione, grande amico di Raffaello) di Crema, poi giunse tra le mani di Giuseppe Longhi nel 1818, in seguito andò tra le proprietà del conte Guglielo Lochis nel 1836, il quale, generosamente, la donò all’Accademia Carrara, dove si trova tutt’ora.

L’opera, come si può evincere dalla datazione, appartiene alla produzione giovanile dello stesso Raffaello, il quale ancora sta delineando il proprio stile, mostrando alcune novità a tale livello e preservando ancora l’influsso accademico trasmessogli dal maestro Pietro Perugino.

La prima cosa che salta all’occhio di questo lavoro è senza dubbio l’espressione di San Sebastiano, il quale non viene riportato addolorato per la freccia nel petto, ma ha un’espressione beata. I lineamenti del volto del santo, per la loro leggerezza e bellezza, hanno portato a pensare che il personaggio ritratto fosse una donna piuttosto che un uomo.

Molto interessante è la freccia, che dona un senso di profondità all’opera, e questo è un aspetto da non sottovalutare: questo elemento lascerebbe intendere una volontà da parte di Raffaello di distaccarsi dall’approccio classicistico del suo maestro Perugino per avvicinarsi a quello di un altro artista molto interessante, ovvero Leonardo da Vinci (che, come abbiamo avuto occasione di vedere in altre produzioni del Sanzio, è stato una forte fonte di ispirazione).

I colori sono vividi e salta soprattutto all’occhio il mantello rosso che copre le spalle del santo; la precisione e l’abilità del pittore, emergono soprattutto nei ricami dell’abito, estremamente realistici.

San Sebastiano di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Ritratto di Giulio II di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Ritratto di Giulio II di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Proseguiamo il nostro viaggio tra i ritratti effettuati da Raffaello Sanzio, il quale è stato apprezzato per molte delle sue opere, ma troppo spesso viene sottovalutato il suo lavoro da ritrattista, nonostante la produzione di questa tipologia di opere sia davvero vasta, come abbiamo potuto appurare dai suoi lavori. Oggi resteremo ancora tra le opere del Sanzio, ed andremo a studiare tutti i dettagli sull’opera “Ritratto di Giulio II”.

In questo articolo troverete prima di tutto la storia della produzione dell’opera e successivamente la trasmissione, per capire effettivamente come sia giunta nel luogo di conservazione odierno. Infine effettueremo un’analisi stilistica dell’opera a la descrizione di quest’ultima. Se siete curiosi di conoscere Raffaello sotto ogni aspetto, qui sotto vi consigliamo un ottimo libro che vi aiuterà a comprenderlo ancor meglio di quanto riportato nei nostri articoli.

Ritratto di Giulio II Raffaello Sanzio Firenze Uffizi analisi Ritratto di Giulio II Raffaello Sanzio National Gallery analisi

Data di produzione: 1511

Dimensioni: 108,7 x 80 cm

Dove si trova: National Gallery, Londra

Esistono ben due versioni di tale lavoro, di cui la prima è quella conservata attualmente a Londra e realizzata nel 1511, mentre la seconda si trova in Italia, datata attorno al 1512 e conservata presso la Galleria degli Uffizi, a Firenze.

Il committente dell’opera potrebbe essere stato lo stesso Papa, poiché il ritratto è stato eseguito dal vivo, ma non abbiamo sufficienti fonti che possano attestare questo pensiero.

Secondo le prime fonti, l’opera venne acquistata insieme ad un altro lavoro del Sanzio, “Madonna del Velo” dal cardinal Sfondrati. Successivamente la ritroviamo presso la collezione Borghese attorno al 1608, ed infine venduta all’imperatore Rodolfo II. Dopo quest’ultima transizione, non abbiamo più tracce di questo quadro.

Sentiamo parlare nuovamente del “Ritratto di Giulio II” all’interno degli Uffizi, che però proveniva dalle collezioni della famiglia Della Rovere, ma questo suscitò qualche perplessità, poiché non avevano nulla a che fare con l’imperatore Rodolfo II; dopo alacri studi, è stato definito che la versione detenuta dai Della Rovere non era altro che una copia antica del lavoro, richiesta dalla stessa famiglia.

A rendere ancor più curiosa la questione ci fu un intervento del 1976 da parte di uno studioso inglese, il quale presso la National Gallery, scoprì un altro “Ritratto di Giulio II”, il quale però sul retro aveva un numero di catalogo, e facendo qualche indagine, riuscì a capire facilmente che questa copia dell’opera era quella che nel 1608 era presente all’interno della Collezione Borghese.

Ritratto di Giulio II Raffaello Sanzio Städel Museum analisi

“Ritratto di Giulio II” Raffaello Sanzio (Städel Museum)

Negli ultimi anni è apparsa un’ulteriore versione di quest’opera, acquistata dallo Städel Museum.

Riassunta brevemente la storia, adesso passiamo all’analisi dell’opera: il soggetto è Giulio II mentre è seduto su una sedia di legno, i cui pomelli sono decorati e ricordano palesemente lo stemma della famiglia Della Rovere. Il soggetto non è rappresentato frontalmente, bensì di tre quarti (come altri lavori del Sanzio) ed indossa una mantella color rossiccio ed una tunica bianca. In entrambe le mani ha diversi anelli che testimoniano il suo status, e nella mano rappresentata a sinistra ha un fazzoletto.

Il Papa è molto vecchio, con una barba lunga ed uno sguardo pensieroso, quasi stanco; il ritratto, oltre a dare grande importanza al soggetto, sembra dare grande rilievo al suo profilo psicologico. Dobbiamo ricordare infatti che nel 1511, lo stesso Papa era in guerra con la Francia ed aveva perso Bologna, mentre imperversavano nel resto dell’Italia ulteriori minacce da parte di altri nemici.

Interessante anche lo sfondo in cui è ambientata la scena (nella versione londinese è più chiaro), dove sul muro si vedono delle decorazioni che richiamano alle chiavi di San Pietro, il primo Pontefice.

Ritratto di Giulio II di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Ritratto di un giovane uomo di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro

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Ritratto di un giovane uomo di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro
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Ed anche oggi proseguiamo il nostro viaggio tra le belle opere di Raffaello, il quale ci ha accompagnato per molte settimane, e nei prossimi giorni senza dubbio, giungeremo a termine di questo lungo cammino che ci ha permesso di scoprire da vicino tanti lavori di questo maestro del Cinquecento, ma anche tanti lavori minori che hanno contribuito a farci capire meglio lo stile di questo grande artista. Nell’articolo odierno, andremo a scoprire tutti i dettagli su un interessante lavoro, intitolato “Ritratto di un giovane uomo”.

In questo articolo troveremo l’interessante storia legata alla trasmissione e alla perdita dell’opera, per poi passare direttamente all’analisi stilistica del lavoro.

Ritratto di un giovane uomo Raffaello Sanzio analisi

Data di produzione: 1513-1514

Dimensioni: 72 x 56 cm

Dove si trova: ???

Abbiamo relativamente pochissime notizie riguardo la commissione del lavoro, se non che questo lavoro è stato portato dal Principe Adam Jerzy Czartoryski in Russia dopo l’acquisto effettuato in uno dei suoi viaggi in Italia nel 1798.

La storia della trasmissione dell’opera è davvero molto interessante. Nel Cinquecento sappiamo poco e nulla di come l’opera sia passata da un proprietario ad un altro; il punto interessante della storia di questo quadro è legato al 1939, quando ci fu l’invasione da parte dei Nazisti in Polonia.

Il Principe Augustyn Jôzef Czartoryski, per evitare il furto di tante opere da parte della Germania, prese diversi quadri dal Czartoryski Museum e li nascose (tra questi c’era anche il “Ritratto di un giovane uomo”). Nonostante gli sforzi, le opere furono trovate dalla Gestapo, guidata da Hans Frank, il quale anche dopo la fine dell’impero nazista, riuscì a salvare molte opere e le portò con se in Cracovia, presso il Wawel castel; questa fu l’ultima vera occasione in cui fu visto il lavoro di Raffaello.

Successivamente, Frank venne catturato e giustiziato dagli Americani e nella collezione delle opere non si trovò il ritratto di Raffaello, insieme ad altre 843 opere.

Anche se la località dell’opera è ignota, possiamo comunque effettuare un’analisi stilistica grazie alle informazioni che ci sono pervenute. L’identità del soggetto è ancora materia di studi, ma gran parte della critica vede in questo ragazzo lo stesso Raffaello Sanzio in un autoritratto, anche se i tratti del viso sono stati modificati e resi più femminili.

L’abbigliamento composto da una grande pelliccia color marrone, che quasi si confonde con i lunghi capelli, contribuisce a dare un forte senso di nobiltà al soggetto, e tale sensazione è amplificata dalla posizione composta del ragazzo.

Alle spalle del soggetto c’è un muro ed una piccola finestra sulla destra, che lascia intravedere uno scorcio naturale ed in grande lontananza giusto qualche edificio; purtroppo le informazioni sono molto povere e non è possibile riconoscere una precisa area dell’Italia in questo lavoro. La gamma di colori utilizzati rimandano al mondo della terra, proprio come in altri lavori di Raffaello o anche le opere di Leonardo da Vinci.

A proposito di Leonardo, in questo quadro si possono cogliere diverse somiglianze anche con quello che da molti è considerato il suo più grande capolavoro, ovvero “La Gioconda”. Molti pensano che la donna ritratta da Leonardo in effetti non sia altro che un autoritratto dello stesso artista immaginato come una donna, proprio come avrebbe fatto Raffaello in questo quadro.

Ritratto di un giovane uomo di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro
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La Fornarina di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto

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La Fornarina di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Eccoci nuovamente insieme ad un altro importante quadro di Raffaello Sanzio. Questo artista, nelle ultime settimane ha avuto un ruolo fondamentale negli articoli del nostro sito, grazie alle innumerevoli analisi stilistiche delle sue opereProseguendo tale itinerario, oggi andremo a scoprire tutto quello che riguarda il quadro intitolato “La Fornarina”.

In questo articolo, parleremo prima di tutto della storia della trasmissione dell’opera, poi passeremo direttamente all’analisi stilistica, scoprendo tutte le caratteristiche che rendono questo lavoro uno dei più apprezzati in assoluto in tutta la produzione del Sanzio.

La Fornarina Raffaello Sanzio analisi

“La Fornarina” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1518-1519

Dimensioni: 85 x 60 cm

Dove si trova: Galleria Nazionale d’Arte Antica, Roma

Questo lavoro viene citato all’interno delle fonti per la prima volta all’interno della collezione di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora, poi nel 1605, quando la contessa viene meno, giunge presso il genero Giovanni Buoncompagni, altro duca. Successivamente, il ritratto viene acquistato dalla famiglia Barberini e resterà di loro proprietà fino alla metà del Seicento. Circa sessanta anni anni fa, questo lavoro è stato spostato anche presso la Galleria Borghese.

Seppur breve la storia della trasmissione di questo lavoro, non si può fare lo stesso discorso riguardo l’identità della donna: a tal proposito, ci sono tante ipotesi discordanti riguardo chi è il soggetto ritratto in questo quadro. Una buona maggioranza degli studiosi riconoscono nel lavoro del Sanzio la figura di Margherita Luti, amante di Raffaello e che le fosse stato attribuito il nome di “Fornarina”; proprio riguardo al nome però c’è più di qualche problema, infatti, secondo documenti recenti, proprio il termine “Fornarina” non sarebbe il nome della donna ma una scritta riportata in calce nel Settecento sull’opera.

C’è un altro appunto da fare sempre riguardo l’identità della donna: la critica è divisa riguardo il riconoscimento del soggetto come abbiamo già detto, ma ancor più pressante è l’idea che probabilmente la donna ritratta dal Sanzio potrebbe essere solo l’immagine di una bellezza ideale, ed in poche parole, potrebbe non esistere in realtà la protagonista dell’opera.

Nella vasta produzione di Raffaello però, i tratti fisiognomici de “La Fornarina” li ritroviamo in più di qualche donna, come ne “La Velata” o il “Trionfo di Galatea”, dove senza dubbio le donne protagoniste sono accomunate da più di qualche somiglianza.

La Fornarina Raffaello volto La Velata volto Raffaello Sanzio analisi

Passiamo ora ad effettuare l’analisi dell’opera: la donna ritratta indossa solo un velo ed ha il seno scoperto: solo questi dettagli possono farci intuire che sicuramente il lavoro era destinato ad una collocazione privata, proprio come la famosa “Maja desnuda” di Goya. Con una mano regge il velo fino al petto e con l’altra mano copre le gambe con un tessuto rosso. Il soggetto non è rappresentato di fronte all’osservatore, ma è girata di tre quarti.

A coprire parzialmente i capelli c’è un turbante di seta a righe verdi e azzurre, riccamente decorato e dove si intravede una spilla con una perla, accessorio molto comune al tempo, ed è già presente anche nel “Ritratto di Maddalena Doni”. Aguzzando lo sguardo, è possibile notare che dietro alla donna è presente un cespuglio di mirto, sacro alla dea Venere, simbolo della bellezza.

Perla la Fornarina Raffaello sanzio dettaglio Perla Maddalena Strozzi raffaello Sanzio analisi

Ultimo punto ancora fonte di discussione è l’attribuzione del lavoro: nonostante sul braccio della donna in primo piano ci sia un bracciale che riporta “RAPHAEL VRBINAS” e che attesterebbe senza dubbio tale lavoro al Sanzio, notevoli differenze nello stile del lavoro hanno aperto un nuovo percorso di studio, secondo cui l’opera potrebbe essere stata svolta in collaborazione dal Sanzio con gli allievi della sua bottega romana, tra cui spicca la mano di Giulio Romano.

La Fornarina di Raffaello Sanzio: analisi completa del dipinto
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Madonna dei Garofani di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro

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Madonna dei Garofani di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro
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Eccoci anche oggi in compagnia di un altro stupendo quadro di Raffaello Sanzio, il quale continua da diverse settimane ad essere il protagonista indiscusso sul blog, grazie alla sua straordinaria produzione, che ci ha permesso di studiarlo e di approfondire molti dettagli riguardo il suo stile. All’interno dell’articolo odierno, andremo a studiare la “Madonna dei Garofani”.

In questo articolo, prima di tutto andremo a parlare nel dettaglio della storia della commissione e della trasmissione di questo lavoro del Sanzio, poi successivamente passeremo ad un’analisi stilistica di tale lavoro, al fine dia vere un quadro completo dello stupendo dipinto di tale pittore del Cinquecento.

Madonna dei Garofani Raffaello Sanzio analisi

“Madonna dei Garofani” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1506-1507

Dimensioni: 27,9 x 22,4 cm

Dove si trova: National Gallery, Londra

Sentiamo parlare per la prima volta di questo lavoro nel diciannovesimo secolo, presso la collezione del pittore Vincenzo Cammuccini, probabilmente acquistata circa duecento anni prima da un nobile francese. Curiosamente, di questa “Madonna dei Garofani” esistono più di cinquanta copie, ed è ancora tema di discussione se quella originale è proprio quella contenuta al National Gallery di Londra.

L’opera, dalla proprietà di Cammuccini è passata a quella del quarto duca del Northumberlan Agernon Percy nel 1854 (seppur non certo che l’opera in questione fosse un falso o proprio il lavoro originale del Sanzio), e nel 2004 il National Gallery di Londra ha acquistato definitivamente il lavoro.

Passiamo all’analisi stilistica dell’opera: i soggetti sono la Vergine Maria ed il Bambin Gesù, i quali si trovano all’interno di una camera e si scambiano teneramente dei piccoli garofani rossi, che danno il titolo all’opera, e che, simbolicamente rimandano alla Passione di Cristo, ma anche al matrimonio tra Gesù e la Chiesa (di cui anche Maria è simbolo). Questa simbologia è ricorrente all’interno di diverse opere di Raffaello.

Alle spalle di Maria, sulla sinistra della tela, è possibile scorgere un letto a baldacchino, il quale rappresenta la verginità, simbolo che contraddistingue la madre di Gesù. Sulla destra della stanza, c’è una finestra dove si può ammirare una parte di paesaggio, derivante senza dubbio dall’influenza fiamminga (che in quel tempo era molto in voga e rappresentato anche dal suo amico Leonardo da Vinci).

Proprio come in tanti altri lavori del Sanzio, dove i protagonisti sono la Vergine Maria e Gesù Bambino, la bellezza dell’intera opera sta proprio nella serenità e nella semplicità familiare tra i due protagonisti, i quali sembrano aver dimenticato la propria importanza e in virtù di questo, si comportano come una famiglia qualsiasi.

In ultima istanza, grazie agli straordinari strumenti scientifici, è stato effettuato uno studio con gli infrarossi sulla tela, che ha permesso di rintracciare nel lavoro alcuni elementi tipici dello stile del Sanzio, come:

  • Piccole curve per disegnare le mani
  • Il tratteggio per segnalare delle zone d’ombra
  • Utilizzo della punta metallica, strumento utilizzato frequentemente nel lavoro di questo artista
  • Disegno a mano libera sulla base dell’opera

Per qualsiasi informazione aggiuntiva che volete segnalarci su quest’opera, potete lasciare un commento qui sotto e noi provvederemo ad inserirlo quanto prima.

Madonna dei Garofani di Raffaello Sanzio: analisi completa del quadro
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San Giorgio e il drago di Raffaello Sanzio: analisi completa delle opere

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San Giorgio e il drago di Raffaello Sanzio: analisi completa delle opere
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Eccoci nuovamente in presenza delle opere di Raffaello Sanzio, il quale ci ha accompagnato per diverse settimane con le analisi dei suoi lavori più importanti. Essendo quasi giunti al termine del viaggio in sua compagnia, oggi andremo a studiare due versioni di uno stesso soggetto, entrambe realizzate dal Sanzio: l’opera in questione “San Giorgio e il drago”.

All’interno di questo articolo troverete l’analisi completa dei due lavori del Sanzio che portano questo titolo, e di entrambi andremo a scoprire prima di tutto la storia legata alla loro commissione, poi successivamente parleremo della trasmissione dell’opera fino a giungere al luogo di conservazione odierno. Per qualsiasi informazione aggiuntiva, potete lasciare un commento in fondo a questo articolo e noi provvederemo ad aggiungere il vostro intervento.

Cominciamo ad analizzare il “San Giorgio e il drago” di Washington.

VERSIONE WASHINGTON

San Giorgio e il drago Raffaello Sanzio analisi Washington

“San Giorgio e il drago” (Versione Washington) Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1505

Dimensioni: 28,5 x 21,5 cm

Dove si trova: National Gallery of Art, Washington

L’opera viene unanimemente attribuita a Raffaello Sanzio, poiché proprio sulla bardatura dl cavallo al centro della composizione è riportata la firma del pittore, ovvero “RAPHELLO VRBINAS”.

Stando alle fonti, questo quadro è stato commissionato da Guidobaldo da Montefeltro per essere inviato come dono ad Enrico VII d’Inghilterra, per ringraziarlo del conferimento dell’Ordine della giarrettiera (dietro la sella del cavallo infatti è possibile notare due cerniere). L’opera doveva essere trasportata in Inghilterra dall’amico di Raffaello, Baldassarre Castiglione, ma a causa di una malattia, la partenza venne posticipata. Riappare nelle fonti nuovamente questo quadro nel 1627 a Washington, nelle collezioni del duca di Pembroke. 

Dallo stesso duca, venne venduto a Carlo I d’Inghilterra, e dopo la morte di quest’ultimo andò a finire nelle mani del marchese di Sourdis, arrivando così in Francia. Passando di mano in mano e spostandosi in Francia, l’opera alla fine venne scoperta nel 1772 da Caterina di Russia, la quale acquistò quest’opera insieme a tantissimi altri lavori, portando il quadro di Raffaello in Russia, dove rimase fino agli anni Trenta del Novecento.

Proprio in quegli anni, Stalin decise di vendere il lavoro ad un’asta segreta, dove il dipinto venne acquistato da Andrew Mellon, un collezionista americano, il quale poi la pose in esposizione alla National Gallery of Art di Washington, dove si trova tutt’ora.

Anche se la storia di questo quadro è stata molto travagliata e ha coinvolto più o meno tutto il mondo, adesso passiamo all’analisi stilistica dell’opera.

Al centro della composizione si trova San Giorgio a cavallo, il quale sta infilzando il drago (simbolo del male) con una lancia; sulla destra dell’opera si trova la principessa in preghiera, che ammira, quasi estasiata il Santo che combatte. Tutta la scena è ambientata in un ambiente boschivo, che secondo le analisi, combacia perfettamente con il paesaggio umbro.

La composizione della scena è basata su linee ortogonali e permettono di mettere in risalto il dinamismo del combattimento tra il Santo e il drago, ma dona anche profondità alla scena, posizionando i vari soggetti su vari livelli. A trasmettere un’ulteriore sensazione di movimento alla scena, è proprio il rigonfiamento del mantello del Santo, che elimina completamente la staticità dall’azione e distacca Raffaello dalle semplici tecniche di bottega.

Da tenere in considerazione sono anche i colori utilizzati per la scena: si nota il forte influsso delle sfumature utilizzate solitamente da Leonardo da Vinci, al quale il Sanzio si è ispirato senza dubbio per la realizzazione di questo quadro e anche di molti altri.

VERSIONE PARIGI

San Giorgio e il drago Raffaello Sanzio analisi Parigi

“San Giorgio e il drago” (Versione Parigi) Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1505

Dimensioni: 31 x 27 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

Le fonti storiche riportano per la prima volta il nome di quest’opera all’interno del sonetto di Lomazzo, lo stesso testo che citava anche un altro importante lavoro del Sanzio, ovvero il “San Michele e il drago”.

La storia della sua trasmissione è molto simile a quella citata in precedenza per la versione americana dello stesso soggetto: l’opera, probabilmente è stata commissionata da Guidobaldo da Montefeltro per essere donata ad Enrico VII d’Inghilterra, però, prima di essere inviata in Gran Bretagna, lo stesso Guidobaldo fece fare una copia tenne per se (ovvero questa tavoletta francese).

Il quadro, dalle collezioni di Guidobaldo, andò a finire al conte di Piacenza, Ascanio Sforza, per poi finire definitivamente nelle collezioni di Luigi XIV, che come ben sappiamo, rappresentano un nucleo fondamentale della collezione del Louvre.

Passiamo alla descrizione di tale lavoro: il soggetto che domina al centro è San Giorgio, il quale, differentemente dalla versione americana, sta per eliminare definitivamente il drago con un colpo di spada e non con la lancia, la quale è già conficcata nel petto del mostro. Sulla sinistra del dipinto si trova il drago che stramazza al suolo, ma che cerca ancora di combattere contro il nemico, mentre sulla destra, in lontananza, c’è la principessa che approfitta del caos del combattimento per fuggire, mentre si volta per assicurarsi che il cavaliere stia bene.

Tutta la scena, proprio come nella versione di Washington, è ambientata in un luogo naturale, che rimanda palesemente alle campagne umbre, ma differentemente dall’analoga versione americana, le posizioni dei personaggi sono cambiate, così come la loro rappresentazione.

Il Santo indossa un’armatura nera e lucente, che va in netto contrasto con i colori che lo circondano; tutta la composizione della scena è basata su una diagonale, che ha la sua origine nel drago, il centro nel cavallo ed infine il vertice nella fuga della principessa. Tale diagonale, permette di dividere la scena in tre piani differenti, conferendo un senso di profondità alla composizione.

San Giorgio e il drago Raffaello Sanzio analisi Parigi diagonale

Dettaglio della diagonale nella composizione di “San Giorgio e il Drago”

A rendere leggermente irreale la scena, vi è l’espressione di San Giorgio, il quale non appare minimamente affaticato dal combattimento, ma è imperturbabile: tale caratteristica è una rarità nelle scene con i Santi realizzati da Raffaello.

San Giorgio e il drago di Raffaello Sanzio: analisi completa delle opere
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Trionfo di Galatea di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’affresco

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Trionfo di Galatea di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’affresco
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Siamo quasi alla conclusione del nostro viaggio in compagnia della lunga lista delle opere di Raffaello Sanzio, le quali da più di un mese a questa parte, ci hanno permesso di scoprire un artista già di per se molto famoso, ma grazie alle analisi che abbiamo effettuato, adesso è ancor più chiaro come e perché sia diventato un artista leggendario. Nell’articolo odierno, andremo a scoprire tutti i dettagli riguardanti l’affresco “Trionfo di Galatea”.

Questo è uno dei numerosi affreschi realizzati dal Sanzio, e all’interno di questo articolo, prima di tutto andremo a studiare la storia riguardante la commissione del lavoro e poi successivamente proseguiremo con un’analisi e descrizione della stessa opera.

Trionfo di Galatea Raffaello Sanzio analisi

“Trionfo di Galatea” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1512

Dimensioni: 2,95 x 2,25 m

Dove si trova: Villa Farnesina, Roma

L’opera è stata commissionata dal ricco banchiere Agostino Chigi, il quale fece realizzare da Baldassarre Peruzzi, tra il 1509 e 1512, una grandissima villa a Roma, specificatamente in un terreno tranquillo, collocabile tra via della Lungara ed il Tevere; tale villa, oggi è conosciuta come “Villa Farnesina”.

Innumerevoli artisti hanno contribuito alla decorazione dell’abitazione, e anche lo stesso Raffaello ha contribuito; a quest’ultimo è spettato il compito di realizzare nella sala di Galatea un affresco che rappresentasse appunto tale ninfa. L’opera, nel complesso non è mai giunta a conclusione, (infatti in origine il progetto prevedeva una decorazione di tutta la stanza, pareti comprese), ma vi è solo l’affresco che rappresenta il momento culminante (o meglio l’apoteosi) della storia della stessa Galatea, posta sotto alla lunetta di Sebastiano del Piombo ed accanto al “Polifemo” sempre di quest’ultimo.

Riassunta brevemente la locazione e la commissione dell’affresco, adesso passiamo all’analisi. La storia di Galatea alla quale Raffaello si ispira proviene direttamente dalla cultura antica latina, ma su quale fosse l’autore preciso dal quale il Sanzio ha tratto ispirazione è ancora fonte di discussione: tra i nomi papabili vi sono Teocrito, Poliziano, Apuleio ed Ovidio.

L’ambiente è di tipo marittimo, dove si trova al centro la ninfa che cavalca una sorta di carro a forma di pesce, il quale è trainato da due delfini ed accompagnato da un ragazzo in primo piano, ovvero Palemone.

Intorno a lei c’è una scena di grande caos, dove ci sono nereidi che vengono rapite dai tritoni (proprio come quella in primo piano sulla sinistra), in alto ci sono tre putti che stanno per scagliare delle frecce d’amore verso Galatea, mentre un altro piccolo putto si trova in alto a sinistra, proprio nel punto a cui guarda la protagonista; differentemente dagli altri putti, l’ultimo dietro alle nuvole, è nascosto ed è pronto con una faretra di frecce: secondo la critica, sotto il profilo filosofico, questo rappresenta la castità dell’amore platonico.

La scena è classica, tutte le proporzioni sono ben studiate e richiamano palesemente agli antichi lavori del mondo romano, in linea con la decorazione della villa. I colori utilizzati sono bellissimi: tra le tonalità più interessanti, spicca soprattutto il rosso della veste della protagonista, in netto distacco da tutti gli altri colori che compongono la scena marittima.

Guardando per un’ultima volta Galatea, è possibile notare che Raffaello l’ha ritratta nella stessa posizione della “Santa Caterina d’Alessandria” sempre di sua produzione. Il lavoro doveva essere stato completato già nel 1511, poiché molte fonti già annunciavano la grandiosa bellezza di questo affresco del Sanzio, e davanti alle molteplici domande riguardo l’identità della modella che aveva posato per Galatea, il pittore disse che non esisteva e che era frutto della sua immaginazione.

Trionfo di Galatea di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’affresco
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Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera

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Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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Essendo giunti quasi a conclusione del nostro viaggio in compagnia degli importanti lavori di Raffaello Sanzio, oggi ci apprestiamo ad analizzare una delle sue tele più importanti, ovvero lo “Sposalizio della Vergine”. Questo è uno dei lavori in assoluto più conosciuti e popolari del leggendario artista del Cinquecento, ed oggi ne parleremo ampiamente.

In questo articolo troverete prima di tutto la storia dell’opera, partendo dalla commissione per poi passare alla trasmissione e scoprire infine com’è giunta all’attuale luogo di conservazione. Successivamente andremo ad occuparci dell’analisi stilistica del lavoro ed effettueremo una breve descrizione dell’opera.

Sposalizio della Vergine Raffaello Sanzio analisi

“Sposalizio della Vergine” Raffaello Sanzio

Data di produzione: 1504

Dimensioni: 174 x 121 cm

Dove si trova: Pinacoteca di Brera, Milano

Partiamo dal fatto che si tratta senza dubbio di un’opera di Raffaello, poiché la tavola (proprio sopra all’architrave al centro del portico sullo sfondo) riporta la firma dell’artista, ovvero “Raphael Vrbinas” e per di più è presente anche la data, riportata nel seguente modo: “MDIIII”.

Fatta tale precisazione, passiamo alla storia della tavola: l’opera è stata commissionata dalla famiglia Albizzini per essere collocata all’interno della cappella di San Giuseppe nella Chiesa di San Francesco, nella Città di Castello. Nel 1798, a causa dei furti da parte di Napoleone Bonaparte, la città fu costretta a privarsi di questa importantissima opera del Sanzio, e successivamente dalle mani francesi, andò a finire in vendita ad un mercante italico. Ritornata in Italia nel 1804 presso l’Ospedale Maggiore di Milano, infine venne acquistata da Wugenio di Beauharnais per donarla all’Accademia delle Belle Arti di Milano (che aveva un forte legame con il fiorente regno francese), ed infine, la grande collezione dell’Accademia è giunta alla Pinacoteca di Brera, dove si trova tutt’ora.

Riassunta brevemente la storia, passiamo adesso alla descrizione ed analisi del lavoro: ai più esperti non sarà sfuggito che l’ambiente in cui è settata la scena è senza dubbio la stessa dello “Sposalizio della Vergine” del Perugino, il quale, proprio durante quegli anni stava lavorando per completarla. Seppur molto simili, già in un rapido confronto tra questi due lavori, è possibile notare il “guizzo” di genialità che porterà Raffaello a distaccarsi dalla pittura di bottega per creare uno stile del tutto nuovo e che lo porterà ad essere uno dei migliori pittori del Cinquecento.

Confronto Sposalizio della Vergine Raffaello Perugino

Confronto “Sposalizio della Vergine” Raffaello Sanzio (a sinistra) Perugino (a destra)

Nella scena ci sono tanti personaggi, ma in primo piano emergono la Vergine Maria e Giuseppe, i quali si stanno sposando, mentre un sacerdote tiene le mani di entrambi per concludere il rito. Rifacendosi alla tradizione riportata all’interno dei testi, sulla sinistra, ad accompagnare Maria ci sono solo donne, mentre dall’altro lato, accanto a Giuseppe, vi sono solo uomini. Sull’estrema destra, in rilievo, si trova un uomo che sta spezzando un bastone: secondo i testi, per effettuare la scelta del marito di maria, venne dato a ciascuno dei pretendenti un ramo secco, e al primo che sarebbe fiorito sarebbe andata in moglie Maria; ovviamente il vincitore fu Giuseppe, e l’iracondo pretendente, arrabbiato per la sconfitta, sta spezzando il ramo.

Raffaello riporta su tavola il grande gruppo di figure in modo leggiadro e morbido, a differenza del Perugino, il quale ha imposto nella sua scena rigide pose geometriche, al fine di dare un equilibrio a tutto il dipinto.

I colori che dominano la scena sono molto caldi e non stonano, dimostrando ancora una volta di come la selezione cromatica adoperata dal Sanzio sarebbe stata una delle tante caratteristiche positive che lo avrebbero reso uno dei pittori più studiati ed ammirati del Cinquecento. Unico elemento in contrasto risiede nelle espressioni dei personaggi, i quali, differentemente da tanti altri lavori di Raffaello, sembrano essere privi di emozioni ed hanno più o meno tutti lo stesso sguardo, seguendo la tradizione artistica.

Mettendo un attimo da parte i personaggi, concentriamoci sullo sfondo: alle spalle dei protagonisti, si trova una grande piazza a grandi riquadri, dove passeggiano dei personaggi non ben identificati, i quali sono stati realizzati unicamente per dare un senso di realismo alla scena e per non lasciarla spoglia.

In fondo alla piazza, al centro, si trova un tempio con sedici lati,con colonne di ordine ionico ed archi. Guardando bene, è possibile notare che dall’entrata centrale del tempio si scorge un’ulteriore entrata dall’altro lato, che permette una continuazione dello sfondo alle spalle della città. Questo edificio è proprio il centro di tutta la scena e crea perfetta armonia tra il mondo urbano e quello naturale (sembra infatti che le colline si adattino per creare un perfetto equilibrio in tutta la composizione), e tutto quello che circonda tale tempio si sviluppa in modo circolare.

Il grande realismo e la centralità che Raffaello dona a questo elemento rappresenta il forte interesse da parte dell’artista verso l’architettura del Cinquecento, dimostrando la sua conoscenza di artisti ed architetti come Leonardo da Vinci e del Bramante.

Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio: analisi completa dell’opera
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