L’assenzio di Edgar Degas: l’eccezionale ritratto della solitudine parigina
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Voglio farti scoprire un quadro impressionista eccezionale del pittore Edgar Degas. Questo artista ha sempre cercato di ritrarre con molta attenzione (ed in modo realistico) il complesso mondo notturno parigino, popolato da ballerine, prostitute, criminali e gli emarginati dalla società. Il quadro di cui ti parlerò oggi è intitolato e sono convito che sia perfetto per farti comprendere al meglio lo stile di Degas.
Quando avrai finito di leggere questo articolo, ti assicuro che questa celebre tela dove i protagonisti sono i bevitori di assenzio, non avrà più alcun segreto per te: capirai come il quadro sia giunto al Musée d’Orsay, scoprirai il significato di ogni minimo particolare presente nella scena ed inoltre, comprenderai il perché questa tela è considerata un vero e proprio capolavoro.
Data di realizzazione: 1875-1876
Dimensioni: 92 x 68 cm
Dove si trova: Musée d’Orsay, Parigi
LA STORIA
Degas è passato alla storia per essere stato un grande pittore impressionista.
Gli altri artisti appartenenti a questo “gruppo” (non si sono mai considerati in questo modo), però, preferivano dipingere dei bellissimi scorci o anche dei ritratti di persone con alle spalle dei piccoli angoli della campagna francese.
In poche parole, la natura era un’immancabile protagonista dei quadri impressionisti. Ed allora perché Degas dipinge una bevitrice di assenzio in un bar? Te lo spiego subito.
Una caratteristica dello stile impressionista è l’utilizzo della pittura en plein air, che tradotto vuol dire “all’aria aperta”.
E in cosa consiste?
In pratica, questi artisti preparavano tutto il necessario per dipingere e si posizionavano all’aria aperta, cercando di abbozzare rapidamente quello che vedevano.
Quando erano soddisfatti di ciò che avevano disegnato, i pittori miglioravano la loro bozza aggiungendo o modificando vari particolari, arrivando a creare, infine, dei veri e propri capolavori.
Ma Degas era differente. Certo, anche a lui piaceva molto la natura, ma preferiva di gran lunga la chiassosa e vivace Parigi, stracolma di luci e ricca di storie da raccontare.
A Parigi c’erano questi locali, o per essere più precisi, i caffè, che piacevano molto a Degas; non c’è voluto molto prima che un locale del genere diventasse la cornice dell’assenzio dipinto.
Il “fascino tossico” di questi locali non ha ipnotizzato unicamente Degas; esiste un altro quadro ambientato sempre in un caffè notturno e che è diventato un altro capolavoro dell’arte moderna, intitolato il cafè di notte di Van Gogh.
Il quadro del celebre pittore olandese assomiglia molto al lavoro di Degas, soprattutto per quanto riguarda il significato; diversamente dal lavoro del pittore francese, la tela di Van Gogh sembra quasi ritrarre una stanza “infernale”, caratterizzata da un rosso acceso e da personaggi che di umano hanno ben poco.
Il bevitore di assenzio e la donna accanto a lui dipinti da Degas, quindi hanno alcune caratteristiche che colpiranno Vincent Van Gogh e lo porteranno a dipingere questo quadro
Ma cosa aveva di così importante il caffè? Nella Francia di fine ‘800 era un locale che assomigliava moltissimo ad un bar dei giorni nostri: pensatori, filosofi, artisti e studiosi frequentavano spesso questi locali, soprattutto per discutere delle ultime novità del mondo artistico, politico e sociale.
È chiaro però che questi erano pur sempre dei locali in cui si beveva alcool ed il pittore impressionista lo sapeva benissimo.
Nell’assenzio di Degas questo caffè passa dall’essere un luogo di incontro e di conversazione ad un ambiente in cui la solitudine e la tristezza sono i padroni incontrastati.
Si tratta di una scena molto forte e di cruda realtà: l’alcool consumato dai protagonisti li devasta fisicamente e psicologicamente, facendoli diventare quasi delle marionette, quasi come se fossero dei gusci vuoti.
Degas presenta questa rivoluzionaria tela nella seconda mostra degli impressionisti del 1876, intitolandola Dans un café, ovvero “In un caffè”.
Non ci vuole molto prima che l’assenzio Degas venga notato da qualche amante dell’arte, pronto ad acquistarla e portarla a casa.
Ed è così che Henry Hill, un capitano inglese, rimane ammaliato dalla bellezza del quadro del pittore impressionista e l’acquista, portandola con sé nella sua tenuta a Brighton, in Inghilterra.
L’Assenzio rimane nelle mani di Henry Hill fino al 1892, l’anno in cui muore.
Poco dopo, la tela finisce tra le proprietà della casa d’aste Christie’s, la quale, dopo un’asta, viene ceduta ad un collezionista inglese al costo di 150 sterline.
È durante questo periodo in Inghilterra che quest’opera viene ribattezzata con il nome L”Assenzio
Perché dare un titolo del genere a questo lavoro? Come ti ho detto prima, la tristezza e l’angoscia dominano la tela, mostrando il volto nascosto di una Francia ricca di problemi, ma che in superficie era caratterizzata da feste continue.
Nel mondo inglese (ed a Londra soprattutto), però, l’assenzio dipinto, ha causato molte critiche: lo sfrontato realismo e la tristezza che caratterizzano questa tela, mostrando un volto di una società così, era considerata di pessimo gusto e quindi non poteva essere accettata.
Per il collezionista che aveva vinto l’asta da Christie’s, ora questo capolavoro si era trasformato in una vera e propria “patata bollente”.
L’opinone pubblica odiava il lavoro di Degas, ed il proprietario, caduto in questa scomoda situazione, è stato costretto a liberarsene.
In poco tempo il quadro trova un nuovo proprietario,il conte Isaac de Camondo, il quale, dopo averla acquistata era intenzionato a donarla al Louvre.
Ed ecco che nel 1911, il quadro arriva nel celebre museo francese, per poi essere spostato più di 70 anni dopo nel Musée d’Orsay, sempre a Parigi, dove si trova tutt’ora.
DESCRIZIONE
Parlare dell’ Assenzio Degas analisi è un discorso abbastanza vasto, poiché in questa scena ci sono diversi particolari che devono essere studiati a fondo.
Una delle prime domande a cui voglio rispondere è: questo caffè esiste sul serio o si tratta di un locale immaginario? È veramente esistito e si chiamava Cafè de la Nouvelle-athènes, collocato in place Pigalle.
Si trattava di un posto molto frequentato dallo stesso Degas e da altri pittori impressionisti.
Un’altra domanda interessante è: Chi sono i due protagonisti? La modella che ha posato per il ruolo della donna si chiama Ellen Andrée: era un’attrice che lavorava in teatro, stava avendo un notevole successo in quel periodo ed in futuro sarebbe diventata molto famosa.
Il modello che invece ha posato per il ruolo dell’uomo è Marcellin Desboutin: anche lui era un pittore proprio come Degas (per essere più precisi, era un incisore).
Per posare in questo quadro non si è “travestito”, ed infatti anche nella vita reale aveva una barba lunga e vestiti sgualciti.
Non era un vagabondo, ma era un ottimo rappresentante dello spirito della bohème che andava molto di moda a Parigi in quegli anni.
Ma cos’è lo spirito Bohéme? Si tratta di una corrente artistica i cui esponenti erano caratterizzati da uno stile di vita rappresentato dalla povertà, dai rapporti consumati fuori dal matrimonio, dalla esistenza vissuta ai margini della società e dal consumo abituale di alcool e droghe.
I modelli che Degas ha scelto sono perfetti per i ruoli che ha in mente per loro: Ellen deve interpretare il ruolo di una povera prostituta, che, nonostante i bei vestiti, dentro di lei è triste.
A proposito di questo particolare, guardando con attenzione, puoi notare che la donna indossa degli abiti sfarzosi, luminosi, quasi al limite del volgare; questa “esagerazione” si nota soprattutto dalla presenza di grandi ornamenti che sono sul suo corsetto e dai grandi fiocchi bianchi che spuntano sulle scarpe.
Marcellin, deve interpretare il ruolo di uno dei tanti vagabondi che girava per le strade di Parigi, caratterizzato da un aspetto poco raccomandabile, quasi barbaro: i suoi vestiti sono rovinati, sporchi ed ha una barba lunga e poco curata.
Marcellin, in pratica, non deve fare altro che comportarsi proprio come nella vita reale.
Avrai sicuramente notato che i due protagonisti sono seduti uno accanto all’altro, e potrebbe sembrarti che siano essere arrivati in quel caffè insieme. Ma non è così.
Guarda con attenzione i loro volti, e concentrati sui loro sguardi: hanno un’espressione lontana dalla realtà, gli occhi che fissano il vuoto mentre i pensieri annebbiano la loro mente, lasciandoli completamente imbambolati.
Il loro volto è segnato dalla loro vita trasandata e dall’eccessivo consumo di alcool.
Non c’è alcuna possibilità di salvezza per i protagonisti di quest’opera: i due potrebbero cominciare a parlare da un momento all’altro e così potrebbero mettere da parte, anche solo per un minuto, quella tristezza che li avvolge, ma ciò non avviene.
Hai notato che i due protagonisti non sono dipinti frontalmente, ma di tre quarti? Adottando uno stile diverso dalla tradizione, Degas opta per una prospettiva nuova, anche se decisamente “scomoda”.
Disponendo i due personaggi quasi in obliquo, sembra quasi che il pittore voglia incastrarli tra il piccolo tavolo ed il divano su cui sono seduti, senza possibilità di fuga.
Questa scelta stilistica rispecchia perfettamente la triste situazione in cui si trovano i due sventurati.
Questa gigantesca angoscia “riempie” tutto il quadro, e come se non bastasse, viene addirittura amplificata dalla presenza dello specchio sul muro, proprio alle spalle dei protagonisti dell’opera.
Cosa c’entra lo specchio? guardando con attenzione questo oggetto puoi vedere che non + lucido, anzi è sporco, opaco e mostra a malapena le ombre della prostituta e del vagabondo.
Non è la prima volta che uno specchio rivesta un ruolo importante in un quadro ci sono altri pittori impressionisti hanno utilizzato un artificio simile, dipingendo sempre una scena all’interno di un locale: guarda ad esempio il Bar delle Folies-Bergère di Manet, dove il grande specchio salta subito all’occhio; questo riflette chiaramente una folla di persone che si stanno divertendo, esattamente al contrario della scena dipinta da Degas.
Ma perché chiamare questo quadro Assenzio e non “Solitudine” oin modo simile? La risposta è molto semplice.
L’assenzio era una bevanda alcolica molto in voga negli ultimi anni dell’800; il motivo di tutto questo successo è da rintracciare nella sua elevata concentrazione alcolica, in grado di stordire chi la beveva in pochissimo tempo; inoltre, era davvero molto economico.
C’erano anche altri alcolici che in quel periodo di facile reperibilità e che si poteva permettere anche per chi non guadagnava molto, come ad esempio il vino.
Nel quadro di Degas, la donna sta bevendo dell’assenzio, mentre il vagabondo accanto a lei si appresta a bere un grande bicchiere di vino.
I due protagonisti sono convinti che i loro problemi possano essere risolti (anche se temporaneamente) bevendo queste sostanze in grado di stordirli e così rendendogli impossibile pensare alla loro condizione.
L’abuso di assenzio, così come qualsiasi altro alcolico, può avere delle conseguenze devastanti: si tratta di un liquore color verde, caratterizzato da un fresco aroma di menta, e la sua forte tossicità è dannosa per l’organismo umano.
Per farti capire chiaramente di cosa sto parlando, non devi fare altro che guardare i due personaggi: la loro pelle non è rosa, anzi è segnata dal consumo eccessivo di alcool e dalla loro vita poco sana.
Adesso guarda un po’ più a sinistra, lì sul tavolo accanto alla donna: c’è una grande bottiglia vuota. Come avrai già potuto capire, è stata proprio lei a bersi tutto l’assenzio che stava lì dentro.
Oltre a questi piccoli particolari, non hai notato qualcosa di veramente strano? Guarda con attenzione i tavoli dove sono seduti la prostituta ed il vagabondo: non hanno alcuna gamba con cui si appoggiano al pavimento, in pratica stanno fluttuando per aria.
Non è un madornale errore, ma di una scelta volontaria di Degas: con questo particolare, la scena più che una rappresentazione reale sembra quasi un’allucinazione, supportata anche dalla soffocante atmosfera che si riflette sul quadro alle spalle dei protagonisti (come stavamo dicendo prima).
Devi sapere che Èmile Zola, un autore contemporaneo di Degas, ambienta le vicende del suo romanzo L’ammazzatoio del 1877,in delle bettole che ricordano molto da vicino i quadri di Degas,tra cui anche questa tela.
Nel libro di Zola, la protagonista Gervasia è una donna animata da sani principi morali, ma dopo una serie di tristi eventi, comincia a sfogare tutti i suoi problemi nell’alcool, venendo catapultata sempre all’interno di locali molto simili a questo quadro di Degas.
LA PROSPETTIVA
La particolare prospettiva che Degas introduce in questo quadro è straordinaria, e merita un’attenzione particolare.
Guardando la scena, sembra quasi che noi dovessimo passare a zig-zag tra i tavolini per poter giungere vicino ai due protagonisti, schivando tutti gli ostacoli sul nostro cammino.
Scegliendo di mettere da parte la tradizionale prospettiva frontale per quest’opera, Degas dimostra di ispirarsi alle antiche stampe giapponesi caratterizzate da disegni rapidi e veloci, le cui linee, man mano che si avvicinano al soggetto principale, diventano più dettagliate e particolari.
I due tavolini sul fondo sono occupati dalla sventurata coppia di protagonisti, ma hai fatto caso al fatto che c’è un terzo tavolino sul lato sinistro del quadro?
Guarda bene: è quello che si trova sulla sinistra in primo piano, che non entra completamente all’interno della scena dipinta da Degas; su questo tavolino c’è appoggiato l’archetto di un violino e si legge chiaramente la firma dell’artista.
Data la presenza di questo archetto, molto probabilmente, seduto a quel tavolo doveva esserci un musicista, il quale, esattamente come Degas stava guardando curiosamente la triste scena del barbone e della prostituta.
La posizione dei tavoli e di ogni singolo oggetto è stata studiata nei minimi dettagli così che il nostro sguardo possa ricadere quasi immediatamente sull’uomo e la donna che stanno bevendo, facendo scivolare in secondo piano qualsiasi altro particolare nella scena.
Ma perché quest’opera viene considerata impressionista? Se guardi con attenzione tutta la scena, puoi facilmente renderti conto che sembra quasi che sia stata dipinta velocemente, ponendo una discreta attenzione per i dettagli presenti e dando maggiore importanza al senso generale di tutta la composizione.
È proprio questo lo spirito dei quadri impressionisti: dipingere su tela le scene esattamente come erano in realtà, ed in un secondo momento limare i difetti all’interno degli atelier.
Per quest’opera, però, il procedimento ha preso una “piega” diversa: devi sapere che Degas ci ha messo più di 2 anni per completare tutta la scena: per avere una prospettiva così singolare, poi per fare in modo che lo sguardo dell’osservatore ricadesse direttamente sui protagonisti ed infine, donare a tutta la scena un un tono “sporco”, quasi tossico, ha richiesto uno sforzo immenso.
I colori che Degas utilizza per questo lavoro sono poco chiari e sono stati privati di tutta la loro forza per poi essere mescolati con il grigio, facendo in modo che la tristezza e l’apatia regni incontrastata in tutta la scena.
L’assenzio di Edgar Degas: l’eccezionale ritratto della solitudine parigina
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