Voglio farti conoscere un’opera davvero straordinaria. Si tratta di una bellissima tela di fine ‘400 e che al proprio interno, raccoglie un sacco di storie e leggende. L’autore di questa tela è Andrea Mantegna, un talentuoso pittore che oggi voglio farti scoprire parlandoti della sua opera chiamata Parnaso.
So già che appena la guarderai sarai molto confuso, ma non preoccuparti. Ho intenzione di spiegarti ogni singolo dettaglio di questa grande composizione e vedrai che dividendo tutto, sarà un gioco da ragazzi capire il ruolo di ogni protagonista.
Ho deciso di scrivere quest’articolo per spiegarti in modo facile questo capolavoro del Mantegna e quando avrai finito di leggerlo, ti assicuro che:
- Conoscerai tutta la storia alle spalle di questa tela e capirai perché è così famosa la versione del Mantegna Parnaso
- Scoprirai in che luogo si trovava in origine il lavoro e cosa ci faceva lì
- Cosa c’entra questo capolavoro con la nobile famiglia d’Este
E molto altro ancora.
Sei pronto per conoscere a fondo il lavoro del Mantegna? Cominciamo!
Data di realizzazione: 1497
Dimensioni: 54,6 x 70,7 cm
Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi
STORIA
Cominciamo dall’inizio.
Ci troviamo a Mantova. È il 1525.
Questa è una città straricca di cultura e nei decenni successivi (nel 1525) ospiterà la bellissima Sala dei Giganti di Giulio Romano.
A governare questa città è la famiglia d’Este.
Al suo interno ci sono un sacco di personalità molto importanti, ma a noi interessa una in particolare: Isabella d’Este.
E chi sarebbe?
È una donna di Ferrara, le sue origini sono nobili e secondo la tradizione, è necessario che si dedichi allo studio e al miglioramento delle proprie conoscenze in più materie.
La passione per la cultura la travolge ed in pochissimo tempo si dimostra come una delle ragazze più brillanti del suo tempo.
Ma devi sempre ricordare che si tratta di una donna nobile, e per migliorare il prestigio della famiglia d’Este, viene data in sposa a Federico II Gonzaga.
Isabella si sposa quand’è ancora una ragazza: aveva soltanto 16 anni.
In seguito al matrimonio, la giovane si trasferisce a Mantova il 12 febbraio 1490.
La sua nuova casa è il castello di San Giorgio, all’interno del piano nobile accanto alla Camera degli Sposi.
Non ci vuole molto prima che Isabella si metta a proprio agio nella nuova abitazione, ed infatti poco tempo dopo ordina ai sottoposti di trasformare 2 ambienti del suo appartamento in delle stanze riservate soltanto a lei: lo studiolo di Isabella d’Este e la grotta.
Per darti un’idea, devi sapere che lo studiolo si trova nella torretta di San Niccolò del Castello, mentre la grotta sta al piano inferiore ed è raggiungibile per mezzo di una scala.
Ma perché ha deciso di realizzare queste 2 stanze?
Merito dello zio e della cognata.
Proprio così: Lionello d’Este (lo zio di Isabella) parlava spesso dello studiolo di Belfiore; la cognata Elisabetta Gonzaga (moglie di Guidobaldo da Montefeltro) poi, aveva mostrato ad Isabella lo studiolo di Urbino e quello di Gubbio.
Ma a cosa serve questo studiolo Isabella d’Este?
Per fartela breve, Isabella qui dentro si dedicava a tutti i suoi passatempi: legge, studia e scrive delle lettere ad altri intellettuali, discutendo di vari argomenti.
Ma lo studiolo è molto di più che un semplice luogo dove poteva ritirarsi a studiare: qui dentro Isabella conserva i pezzi più rari della sua collezione d’arte.
Cosa c’è in questa collezione?
Sono dei reperti molto antichi e prestigiosi.
Ma con il passare del tempo le opere d’arte sono diventate sempre di più, inglobando anche degli straordinari capolavori contemporanei.
Ed Isabella – secondo la moda del tempo – ama confrontare le opere antiche e quelle moderne, studiandone tutte le differenze.
Ti ricordo che lei è sempre stata una donna con una cultura eccezionale: pensa che – per via di questa passione – Isabella era conosciuta come la “decima Musa”.
Se guardi con attenzione il suo studio, ti renderai conto che è stracolmo di rappresentazioni di Muse ed anche il lavoro del Mantegna di cui ti parlo oggi è pieno di queste figure mitologiche.
Sai quando la tela del Mantegna Louvre è stata realizzata con precisione?
Te lo dico io.
Devi sapere che ci sono diversi documenti del 1497 dimostranti il fatto che il Mantegna in quell’anno ha ottenuto la vernice che gli serviva per realizzare questa tela.
Quello stesso anno, Ariberto da Bologna ha scritto una lettera ad Isabella d’Este (che in quel periodo era in viaggio a Ferrara) in cui la rassicura dicendole che al suo ritorno l’opera di Andrea sarebbe stata completata.
Il 1497 è l’anno d’esecuzione di questo capolavoro.
Soltanto 6 anni dopo, nel 1506, Andrea muore.
Ma la storia dell’opera prosegue.
Nel 1523 Isabella decide di far trasferire il suo studiolo in dei nuovi appartamenti.
In quell’occasione il Parnaso del Mantegna viene rimesso a nuovo ed i colori vengono rinfrescati.
Chi si occupa di questa operazione?
Probabilmente Lorenzo Leonbruno.
E cos’ha “aggiustato” di preciso?
Qualche dettaglio qua e là: le teste delle Muse, quella di Apollo, poi quella di Venere ed ha rinfrescato anche il paesaggio che puoi vedere dietro le rocce al centro.
Aspetta un momento: ma se questa tela si trovava dentro lo studiolo di Isabella, ora che ci fa al Louvre?
Ti spiego subito.
Nel 1627, questo straordinario lavoro del Mantegna è stato donato – insieme a tutte le altre opere presenti nello studio – al cardinale Richelieu, a Parigi.
Da lì, il Parnaso è entrato a far parte delle collezioni reali di Luigi XIV, ed infine, dopo la rivoluzione francese è stato trasferito al Louvre, dove si trova tutt’ora.
DESCRIZIONE
Guarda attentamente questa tela.
Per capire il senso di questo complesso spettacolo, dobbiamo ricorrere ad un poemetto del 15° secolo scritto da Battista Fiera.
Cosa c’entra con Mantegna?
Nel suo scritto, Battista Fiera parla proprio del Parnaso di Andrea, identificandone i protagonisti principali.
Ci sono un sacco di annotazioni interessanti e – secondo me – la prima che dovresti sapere è la seguente.
La vedi la donna che sta in alto al centro?
Quella è Afrodite (o Venere), la dea della bellezza e protagonista di altri immensi capolavori, come la scena della nascita di Venere del Botticelli.
Secondo Battista Fiera, la Venere ritratta da Mantegna è l’allegoria di Isabella d’Este.
Guarda l’uomo accanto a lei.
Sai chi è?
Lui è Marte (o Ares), il dio della guerra.
Secondo la tradizione greca (e poi quella romana), lui sarebbe l’amante di Venere.
L’autore del poemetto, poi, aggiunge che il dio della guerra non sarebbe altro che l’allegoria di Francesco Gonzaga, il marito di Isabella.
Adesso guarda sotto la coppia di dei.
C’è una festa e molte donne stanno ballando.
Loro sono le Muse.
A destra, l’uomo con l’elmo alato è Mercurio, simbolo dell’arte ed accanto a lui c’è un cavallo alato: lui è Pegaso.
Quale è il senso di tutta questa scena?
Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro e riscoprire i miti e le leggende del mondo greco.
Stando alla tradizione, Venere era sposata con Vulcano (o Efesto). La dea, però, aveva una relazione clandestina con Marte.
Mantegna rappresenta i 2 amanti sopra un arco roccioso e con alle loro spalle un letto (simbolo della loro unione).
E quei frutti che sono alle spalle della coppia di dei? Cosa c’entrano?
Guarda con più attenzione: alle spalle di Marte il cespuglio è stracolmo di frutti, mentre dietro Venere solo uno è maturo.
Non è un caso: il numero differente di frutti simboleggia la fecondazione.
Per dare un senso ancor più epico ai protagonisti, Andrea ritrae Venere in una posizione classica tipica delle statue antiche.
Il pittore si rifà ai leggendari modelli del passato per evidenziare la bellezza della dea e per mettere in risalto la sua sensualità, servendosi anche di toni candidi e chiari.
Guarda meglio: si vede benissimo il chiarore della pelle di Venere in confronto a quella di Marte alla sua sinistra.
Ora spostati un po’ a sinistra.
L’hai visto quell’angioletto?
Lui è Anteros, il complementare di Eros (o Cupido), simbolo dell’Amore Celeste.
Cosa sta facendo?
In una mano ha l’arco di Cupido (le cui frecce simboleggiano l’amore carnale) mentre con l’altra ha una cerbottana con cui sta per lanciare un dardo indirizzato ai genitali dell’uomo che sta nella caverna di sinistra.
E chi sarebbe?
Lui è Vulcano, il marito di Venere.
Avendo scoperto i 2 amanti, per la rabbia li sta maledicendo e nel frattempo sta fabbricando delle frecce per Cupido.
Dà un’occhiata alle spalle di Vulcano: c’è dell’uva.
Anche questo frutto ha un valore simbolico, ed infatti simboleggia il carattere molesto degli ubriachi.
Adesso voglio parlarti della festa che si sta svolgendo in primo piano.
Voglio parlarti di nuovo dell’uomo a destra.
Lui è Mercurio, il messaggero degli dei: si tratta sicuramente di lui per via del classico cappello con le ali e per il suo bastone con 2 serpenti attorcigliati, il Caduceo.
Mantegna lo ritrae mentre ha tra le mani il flauto di Pan.
Ora guarda l’uomo a sinistra, quello che sta suonando da seduto.
Lui è Apollo.
Sai che nelle prime interpretazioni di quest’opera (parliamo del 1542), Apollo era stato confuso con Orfeo? Hai mai sentito parlare di lui?
È un altro personaggio appartenente alla mitologia greca, divenuto famoso per il suo potere di affascinare chiunque ascoltasse il suono della sua cetra.
Un giorno, però, la sua amata Euridice muore e deciso a non abbandonarla, Orfeo entra nel regno dei morti e stringe un patto con Ade: potrà riavere indietro la donna soltanto se riuscirà a ricondurla nel regno dei vivi senza mai guardarla durante il viaggio di ritorno.
Orfeo non riesce a resistere alla voce di Euridice, ed, alla fine, si volta verso Euridice, facendola svanire per sempre.
E perché i critici del tempo hanno confuso Apollo con Orfeo?
Secondo me, gli studiosi sono entrati in confusione per via dello strumento musicale che quest’uomo ha tra le mani.
Si tratta di una cetra.
È vero, sia Apollo che Orfeo sono celebri suonatori di cetra, ma in un contesto pieno di divinità come questo, difficilmente il Mantegna avrebbe inserito un mortale come Orfeo.
Tu che ne pensi? Si tratta di Apollo o di Orfeo?
Ma adesso guarda le donne al centro dell’opera: loro sono le Muse che ballano in grande armonia (che a me le Muse stanno ballando e sono in piena armonia (che Le Muse ballano al centro dell’opera e sono armoniose (mi ricordano molto le donne ritratte da Poussin nel Ballo della vita humana).
Guarda i loro abiti: sono fluenti e dipinti in modo veramente eccezionale.
Ma per andare avanti, devo parlarti di un altro mito.
Si dice che quando le 9 muse ballavano insieme, quest’ultime erano capaci di generare cataclismi e distruzioni.
Mantegna conosceva sicuramente questa tradizione ed infatti ha inserito un riferimento a questo mito per mezzo delle montagne che stanno crollando in alto a sinistra.
E chi poteva risolvere la situazione?
Pegaso.
Il cavallo alato accanto a Mercurio: si dice che lui fosse in grado di fermare questa distruzione battendo uno dei suoi zoccoli a terra.
Guarda le sue zampe: quella alla tua destra è alzata e la sta per sbattere a terra, pronto a rimettere le cose in ordine.
Ma adesso guarda alle spalle di Pegaso e Mercurio: c’è un monte ed un corso d’acqua che scorre.
La fonte d’acqua è chiamata Ippocreneche, che secondo la tradizione è una sorgente nata grazie alla forza degli zoccoli di Pegaso.
E la montagna?
Quella è il monte Elicona: Ippocreneche si trovava lì e questo è anche il monte sacro alle Muse.
Infine, stando ancora alla tradizione greca, si dice che le Muse ballassero in un boschetto nei pressi del monte Elicona.
Se così fosse, allora il titolo di quest’opera non dovrebbe essere Parnaso ma Il boschetto del monte Elicona.
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