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Bronzi di Riace: analisi completa delle statue

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Bronzi di Riace: analisi completa delle statue
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Oggi ti farò conoscere due delle statue più interessanti e misteriose della storia dell’arte antica. Questa coppia di statue è stata oggetto di innumerevoli studi e tutt’oggi gli interrogativi attorno ai loro creatori e molto altro che le riguarda, sono tantissimi. Sto parlando dei bronzi di Riace.

In questo articolo potrai leggere tutto ciò che riguarda ogni bronzo di Riace, partendo dalla storia dei loro possibili creatori, quindi i bronzi di Riace storia e poi passerò ad elencarti maggiori dettagli su i bronzo di Riace fino a che, alla fine, potrai leggere l’analisi stilistica dei due bronzi.

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Data di realizzazione: V secolo a.C.

Dimensioni: Statua A 1,98 m; Statua B 1,97 m

Dove si trovano: Museo nazionale della Magna Grecia, Reggio Calabria

I Bronzi di Riace sono stati realizzati senza dubbio nel V secolo a.C., ma non ci sono abbastanza elementi che ci permettano di affermare con certezza chi siano gli autori di queste due statue.

Secondo alcune teorie, c’è chi pensa che la statua A possa essere opera di Fidia o di qualche suo collega/discepolo, poiché mostra evidenti caratteristiche dello Stile severo; infatti, la parte superiore del busto di questa statua è decisamente ferma e statica, caratteristica tipica e ricorrente in tale stile.

La statua B dei bronzi Riace è stilisticamente differente da quella citata in precedenza: ha una postura molto più naturale e non mostra alcun tipo di impedimento o rigidità nei suoi movimenti; questo lascia presupporre che sia stata realizzata probabilmente da Policleto, uno scultore successivo a Fidia e grandissimo innovatore.

Se da una parte, gli autori non sono certi, non lo è nemmeno l’identità dei due protagonisti ritratti nelle statue: si tratta, con molta probabilità, di divinità oppure di eroi molto importanti.

In Grecia, il bronzo era un materiale estremamente costoso, e veniva utilizzato unicamente per delle realizzazioni di importanti statue; inoltre, i committenti erano molto spesso dei grandi gruppi (o addirittura l’intera città), che volevano celebrare i propri miti ed eroi per mezzo di straordinarie creazioni che sarebbero durate nei secoli.

I pochi dettagli però, non hanno permesso di delineare, nello specifico, l’identità dei due bronzi.

I Bronzi di Riace dove sono stati? Prima di giungere definitivamente al Museo Archeologico Reggio Calabria, il luogo di origine di queste due statue è un altro interrogativo molto interessante.

Quasi certamente, le statue provengono da una località non specifica,in Grecia: i due tenoni (gli incastri), ai quali erano ancorate le due statue, sono stati studiati a fondo ed hanno portato a diverse congetture, tra cui la possibilità che, le due statue provenissero addirittura dal Donario del Santuario di Apollo a Delfi.

Successivamente, l’ipotesi del Santuario a Delfi è stata scartata, poiché le due statue pare che non avessero alcuna collocazione in questo importante edificio.

Dopo il completamento dei lavori, non sappiamo quale fosse la destinazione dei due Bronzi di Riace, ma secondo le fonti, vennero caricate su una nave, la cui destinazione, probabilmente era in Italia, presso il popolo romano.

Nel misterioso viaggio, non è molto chiaro se la nave sia naufragata (e quindi tutto ciò che portava a bordo sia affondato), oppure l’equipaggio si sia liberato dell’ingombrante carico; le due statue, furono ritrovate integre, fissate sui tenoni, lasciando supporre che si trattava unicamente di opere d’arte e non delle statue votive, dando la possibilità agli studiosi di pensare che la caduta in mare delle due statue sia avvenuta tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C., proprio quando c’era l’interesse da parte dei romani per l’arte greca era al culmine.

Le statue, vennero ritrovate nel 1972 durante un’immersione nel Mar Ionio, nei pressi delle coste di Riace Marina e poco dopo, cominciarono i lavori di recupero.

Ripescate le statue, vennero immediatamente pulite e cominciarono i primi approfondimenti, fino a che, nel 1975, i due Bronzi di Riace, vennero trasferiti in Toscana, presso il Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica, che disponeva di strumenti all’avanguardia per questa evenienza.

Negli studi effettuati, si notò che per i denti della statua A e per le ciglia di entrambi i bronzi, non venne utilizzato proprio il bronzo, bensì l’argento; per le labbra ed i capezzoli, inoltre, venne utilizzato il rame ed infine, le sclere erano composte da avorio mescolato al calcare

Terminati gli approfondimenti, riparati i danni procurati dal tempo e realizzate delle nuove basi antisismiche in marmo di Carrara, le due statue, vennero trasferite nel Museo di Reggio Calabria.

Questo Museo Bronzi di Riace si è, di conseguenza adattato alla presenza delle due statue, con la realizzazione di una stanza ad hoc per i guerrieri, affinché non avessero potuto subire accidentali danni da parte dei visitatori.

Il Museo Reggio Calabria, o anche il Bronzi di Riace Museo è uno dei più importanti in Italia, poiché contiene questi due grandi capolavori dell’arte greca.

Stilisticamente, i due Bronzi di Riace sono molto interessanti: entrambi sono in una posizione a chiasmo, ma mostrano notevoli differenze.

Il Bronzo A presenta un movimento più “scattoso” e vivo, mentre l’altro è stato realizzato con un movimento più pacato e tranquillo.

Le braccia sono ampiamente distaccate dal corpo e rivestono una grande importanza: senza alcun ombra di dubbio, proprio il braccio piegato, tratteneva in precedenza uno scudo (andato perduto), mentre nell’altra mano i protagonisti dovevano avere una spada.

Il Bronzo B, sembra essere in possesso di una testa leggermente più piccola rispetto all’altra statua: ciò ha fatto intuire che, in origine, doveva indossare una sorta di elmo, andato purtroppo perduto.

Grazie agli innumerevoli studi che sono stati effettuati sulle statue, prima che venissero definitivamente trasportate nel Museo di Reggio Calabria, è stato possibile identificare il procedimento che ha portato alla realizzazione definitiva dei Bronzi di Riace: la base iniziale, attorno al quale poi sarebbe stato realizzato il resto del lavoro, è stata formata attraverso la sovrapposizione di tantissimi strati d’argilla.

Unendo tutti questi livelli di argilla, gli artigiani riuscirono ad ottenere il forte spessore e la potente massa che caratterizza queste due grandiose statue del V secolo a.C.

Bronzi di Riace: analisi completa delle statue
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Il bacio di Francesco Hayez: analisi completa dell’opera

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Il bacio di Francesco Hayez: analisi completa dell’opera
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Oggi, ti parlerò di una delle più popolari immagini baci di tutta la storia dell’arte moderna. Il bacio dipinto in quest’opera, di cui ti parlerò, è diventato con il passare del tempo, il capolavoro più conosciuto ed ammirato di Francesco Hayez, ed oggi ti farò conoscere tutto quello che devi sapere a proposito di questo celebre Bacio di Hayez.

In questo articolo, conoscerai tutte le informazioni su il bacio di Hayez: la data di realizzazione dell’opera, le dimensioni, la storia di questo olio su tela che rappresenta uno dei quadri romanticismo più popolari di sempre, ed infine il bacio Hayez analisi.

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“Il Bacio” Francesco Hayez

Data di realizzazione: 1859

Dimensioni: 112 x 88 cm

Dove si trova: Pinacoteca di Brera, Milano

La storia di questo bacio disegno, che costituisce, senza dubbio una delle più celebri immagini di due innamorati di tutta la storia dell’arte italica e mondiale, è legata alle conseguenze che ci furono a seguito del Congresso di Vienna, avvenuto tra il 1814 ed il 1815.

L’Italia, in tale congresso, ebbe una posizione molto marginale, ed inoltre, subì l’umiliazione di essere suddivisa in tanti piccoli stati, tutti sotto il dominio degli Asburgo d’Austria.

Gli abitanti dell’Italia, ormai divisa in tanti piccoli pezzi, erano furiosi per questa situazione, e così, in risposta a questa tragica situazione, vennero a crearsi delle piccole società segrete come la Carboneria e la Giovine Italia, che volevano ridare al proprio stato la dignità perduta.

Nonostante tutti gli sforzi, queste società vennero sconfitte e distrutte, ed il lavoro di Francesco Hayez il bacio, venne realizzato proprio in questi anni di tentata rivalsa da parte degli abitanti dell’Italia.

Esistono ben quattro versioni differenti con dipinto il bacio di Hayez, e ciascuna, presenta delle piccole differenze stilistiche che ne permettono la facile distinzione.

La versione più celebre tra le immagini di baci di Hayez, venne commissionata dal conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto, il quale, quando ottenne l’opera completa, non se ne distaccò fino all’anno precedente alla sua morte, quando decise di donarla alla Pinacoteca di Brera, dove si trova tutt’ora.

Le altre tre versioni con i baci romantici di Hayez, invece, hanno avuto vicende differenti: la seconda, venne dipinta nel 1861, commissionata dalla famiglia Mylius, esposta all’Esposizione Universale a Parigi nel 1867, ed infine, nel 2008, venduta all’asta; la terza versione del disegno bacio, venne donata dallo stesso Hayez alla sorella della sua amante Carolina Zucchi, ed anche questa è esposta, come la prima, alla Pinacoteca di Brera; l’ultima versione del quadro il bacio, invece, ha dei colori leggermente diversi dalle altre rappresentazioni.

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Adesso ti riassumerò l’analisi dell’Hayez bacio: la scena, con protagonista i due giovani amanti, è contestualizzata all’interno di un androne di un grande castello medievale, dove spiccano tre gradini di grandi dimensioni sulla destra della tela.

Gran parte dello sfondo de il bacio quadro è occupata da un muro in mattoni che si alterna con una parete più liscia, e spostando lo sguardo più a sinistra, si può notare un piccolo arco gotico, sorretto da una colonna sottile.

Il bacio che si scambiano i due protagonisti è al centro della scena, ed attira completamente l’attenzione dello spettatore: l’uomo, trattiene, e contemporaneamente avvicina con le sue mani, il volto della donna al suo, e dall’altra parte, la donna, si lascia coinvolgere dalla passione dell’uomo stringendosi a quest’ultimo, tenendolo per la spalla.

In questa celebre bacio immagini, l’uomo, inoltre, poggia un piede sul grande scalino sulla destra, facendo in modo di sollevare la propria mantella e lasciando intravedere l’elsa di un pugnale.

La presenza dell’arma nell’equipaggiamento dell’uomo, vista insieme alla presenza di un terzo individuo nella composizione (l’ombra che si vede nella parte bassa dell’arco sulla sinistra della tela), potrebbe indicare che quest’ultimo possa essere un nemico del protagonista, o, più semplicemente, una domestica che assisteva segretamente alla scena.

La posizione dell’uomo protagonista e la forte passione con cui stringe a se la donna, lascia presupporre che il primo, sia in procinto di andare via e di abbandonare la sua amata.

Stilisticamente, questo quadro, costituisce una delle Hayez opere meglio realizzate: le tonalità utilizzate, sono calde e ben disposte su tutta la tela, facendo si, che l’abbigliamento dei due amanti risalti rispetto a tutto il resto della composizione, dipinta con tonalità neutre ed illuminata da una sorgente di luce esterna alla scena.

Allegoricamente, questo lavoro di Hayez, presenta più di un significato, tutti legati fondamentalmente, alla situazione dell’Italia durante il Risorgimento: l’uomo e donna, attraverso l’impeto del loro bacio, secondo una teoria, incarnano l’ardore tipico dei giovani, unito all’amore per la patria e la voglia di riscattare l’orgoglio dell’Italia.

L’uomo, i cui vestiti ricordano quelli di un combattente volontario, è in procinto di andarsene, mentre la donna, cerca di trattenere come meglio può, con un abbraccio, il suo amante, consapevole che egli potrebbe andare incontro alla morte.

Secondo altri studi, la presenza del pugnale, potrebbe alludere, alla volontà di ribellarsi contro gli Asburgo, invasori dell’Italia.

Nelle quattro versioni del bacio di Hayez, i colori variano, e, probabilmente, alludono alla continua mutazione della situazione politica che vedeva protagonista l’Italia:

  • Nella prima versione, la più celebre, la donna ha un vestito azzurro e l’uomo ha una calzamaglia di colore rosso acceso; i due colori, ricordano il tricolore della Francia, nazione che, dopo gli accordi di Plombières del 1858, divenne alleata dell’Italia.
  • Nella versione del 1861, anno in cui nacque il Regno d’Italia, la donna ha un vestito color bianco, rappresentando un omaggio all’unità di Italia, desiderata da molti anni.
  • Nella quarta versione, oltre al vestito bianco della protagonista, l’uomo presenta un manto color verde; unendo i colori alla precedente calzamaglia rossa del protagonista, si ottiene il tricolore italiano.

Il bacio di Francesco Hayez: analisi completa dell’opera
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Il bacio di Gustav Klimt: analisi completa dell’opera

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Il bacio di Gustav Klimt: analisi completa dell’opera
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Oggi ti parlerò di uno dei più importanti quadri della storia dell’arte, con protagonista il bacio. L’opera che ti farò conoscere in questo articolo, è considerato uno dei più grandi capolavori di tutti i tempi, ed inoltre, è uno tra i disegno bacio più famosi di sempre. Qui potrai leggere tutto quello che c’è da sapere su Il bacio di Klimt.

Qui potrai leggere tutto quello che riguarda questo quadro il bacio: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione ed analisi del più importante quadro di Gustav Klimt.

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“Il bacio” Gustav Klimt

Data di realizzazione: 1907-1908

Dimensioni: 180 x 180 cm

Dove si trova: Österreichische Galerie Belvedere, Vienna

Questo lavoro rappresenta l’apice del “periodo d’oro” tra i quadri Klimt, una fase artistica della sua carriera, caratterizzata soprattutto dall’utilizzo di toni dorati.

Tecnicamente, il Bacio Klimt venne realizzato con pittura ad olio mescolata con vari strati di foglie d’oro, garantendo un effetto di grande impatto al termine della realizzazione dell’opera.

Sotto un profilo cronologico, questo bacio disegno si colloca dopo la serie di lavori di Klimt per decorare il soffitto dell’Università di Vienna: quest’ultimo, fu un incarico di grande importanza, il quale, però, suscitò anche grande scandalo poiché, i disegni presenti vennero etichettati al limite tra pornografia e perverso.

Al contrario, questo nuovo quadro dl Klimt pittore divenne fin da subito un grandissimo successo, ed in poco tempo, questo dipinto il bacio, trovò un acquirente.

Klimt il bacio, vede protagonisti due amanti stretti tra loro, mentre tutto l’ambiente che li avvolge, è scintillante e luminoso.

I colori della scena che circonda l abbraccio di Klimt sono eccezionalmente vivaci e molto forti, ricordando molto da vicino lo stile delle opere dell’Art Nouveau.

Oltre alle tonalità dorate, l’utilizzo della già citata foglia d’oro mette in risalto il legame tra il bacio quadro ed i dipinti dell’antico mondo medievale (oltre che i codici miniati); guardando con attenzione i protagonisti dell’abbraccio Klimt, si può notare che il loro abbigliamento è molto simile a quello degli uomini dell’età del Bronzo, o dell’epoca classica.

Il bacio dipinto da Klimt, mostra anche l’influsso delle stampe giapponesi: la testa dell’uomo è praticamente al limite della parte superiore della tela, proprio come accade in molti lavori provenienti dall’Oriente.

I protagonisti del Klimt abbraccio, sono appoggiati delicatamente su un pezzo di prato fiorito, il quale però, non copre tutta la parte inferiore del dipinto, lasciando vuota la parte destra della scena.

L’antico, e complesso vestiario dell’uomo e della donna, sono molto dettagliati: lui, tra i capelli, porta una corona di viti, mentre la donna ha un vestito aderente, decorato con una fantasia a cerchi (con all’interno fiori), e sul resto del vestito, si scorgono grandi linee parallele ondulate.

I fiori, in questo caso (rispetto agli altri quadri di Klimt), sono una presenza ricorrente e fondamentale: c’è il grande prato stracolmo di colori, la fantasia del vestito della protagonista ed inoltre, ce ne sono altri, anche tra i capelli di quest’ultima.

Guardando con attenzione il volto della donna, protagonista del Klimt bacio, è possibile notare che è messo in risalto da un alone luminoso tendente al dorato, il quale, si prolunga fino al mento.

Secondo vari studi, per questo lavoro, che costituisce una tra le più celebri immagini bacio, potrebbero aver fatto da modelli, per i protagonisti, lo stesso Gustav Klimt e la sua compagna Emilie Flöge; d’altro canto, non ci sono prove che possano testimoniare effettivamente questo dato relativo al Gustav Klimt il bacio.

Secondo altre fonti, la donna protagonista del Klimt l abbraccio, potrebbe essere anche una modella conosciuta come “Red Hilda”; la donna, probabilmente, venne utilizzata come soggetto anche per altri importanti Klimt quadri, come: Donna con boa di piume e Danae.

Per la creazione di questo lavoro, che, oltre ad essere una delle immagini di bacio più importanti della storia dell’arte, riassume artisticamente l’estasi significato.

Klimt, in questo suo capolavoro scelse di adoperare forti tonalità dorate: tale scelta, venne ponderata dopo che effettuò un viaggio in Italia, dove rimase colpito dai mosaici della chiesa di San Vitale a Ravenna.

Infine, secondo vari studiosi, sembrerebbe che Klimt, dovendo scegliere quale momento ritrarre in questa opera, si ispirò liberamente, all’istante in cui Apollo bacia Dafne, mito narrato nelle metamorfosi di Ovidio (il quale, tra l’altro, è stato già tema dell’Apollo e Dafne Bernini).

 

Il bacio di Gustav Klimt: analisi completa dell’opera
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La persistenza della memoria di Salvador Dalì: analisi completa dell’opera

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La persistenza della memoria di Salvador Dalì: analisi completa dell’opera
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Oggi ti farò conoscere uno dei più importanti quadri di Dalì pittore: in questo scenario dipinto dall’artista catalano, i protagonisti sono gli orologi molli. Qui potrai leggere tutti i dettagli relativi al capolavoro di Salvador Dalì, intitolato la persistenza della memoria.

Proseguendo in questo articolo, potrai conoscere com’è nato questo importante olio su tela con gli orologi sciolti di Dalì, ed inoltre, potrai apprendere la data di realizzazione, le dimensioni, il luogo di conservazione e la descrizione completa de la persistenza della memoria Dalì.

Salvador Dalì la persistenza della memoria analisi

“La persistenza della memoria” Salvador Dalì

Data di realizzazione: 1931

Dimensioni: 24 x 33 cm

Dove si trova: The Museum of Modern Art, New York

Questo lavoro, che rivoluzionò completamente l’interpretazione del concetto di orologio in spagnolo, solo un anno dopo il suo completamento, nel 1932, venne acquistato dal gallerista Julien Levy, il quale, tra l’altro, cambiò il titolo al lavoro di Salvador Dalì la persistenza della memoria (in origine, il quadro era conosciuto con il nome di Gli orologi molli).

Nel 1934, il quadro orologi sciolti, venne acquistato dal Museum of Modern Art di New York, dov’è attualmente esposto, e costituisce uno degli elementi più importanti della collezione del museo.

La storia su com’è nata quest’opera sugli orologi molli Dalì, ci viene fornita dallo stesso artista all’interno della sua autobiografia, intitolata La mia vita segreta.

Stando a quanto riportato dallo stesso Dalì, questo capolavoro sarebbe nato in una sera qualunque, nella quale Salvador e sua moglie Gala, sarebbero dovuti uscire con amici, per andare al cinema.

A causa di un forte mal di testa, Salvador Dalì preferì rimanere a casa, mentre sua moglie uscì con gli amici; prima di andare al cinema però, la coppia, insieme ad altri amici, cenarono a casa: in quell’occasione, mangiarono formaggio (precisamente, un camembert); l’artista rimase colpito dall’eccezionale mollezza del camembert, e, dopo che gli ospiti e Gala se ne andarono, rimase, da solo, a riflettere sulla poca resistenza del formaggio.

Successivamente, si recò nel suo atelier, dove si fermò a guardare il suo ultimo lavoro, ancora in fase di completamento:  si trattava di una veduta di Port Lligat, e, in quell’attimo, ci fu l’intuizione per la trasformazione completa dell’opera.

L’orologio Dalì fu una grande intuizione: i quattro orologi presenti nella scena presentano delle caratteristiche molto interessanti; tre di loro si stanno sciogliendo, prendendo la forma degli elementi su cui sono appoggiati, mentre il quarto Dalì orologio è rimasto solido, ma ricoperto da tante formiche nere.

La presenza delle formiche nere sono da ricollegare alla fobia che l’artista nutriva verso questi insetti.

L’ambiente in cui si colloca questa scena surreale e che “riassume” artisticamente il persistente significato, è una veduta di Port Lligat, priva però, di qualsiasi elemento vegetale ed artificiale.

Piuttosto che includere del formaggio, Dalì, scelse di dipingere degli orologi in questa scena, poiché, quest’ultimi, sono gli oggetti per eccellenza che permettono di misurare tecnicamente il tempo.

Paradossalmente, a detta dello stesso artista, la stessa memoria umana può eliminare completamente l’utilizzo di questi strumenti, poiché, il tempo, è un “concetto” che non può essere tangibile, e nemmeno quantificabile.

Dalì, piuttosto che pensare a la disintegrazione della persistenza della memoria, scelse di metterla in vendita: in questo modo, la sua fama aumentò notevolmente e divenne uno degli artisti più popolari del Novecento.

 

La persistenza della memoria di Salvador Dalì: analisi completa dell’opera
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L’urlo di Edvard Munch: analisi completa dell’opera

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L’urlo di Edvard Munch: analisi completa dell’opera
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Oggi, ti parlerò di uno dei capolavori dell’arte contemporanea, realizzato proprio sul termine dell’Ottocento da un pittore di grande rilevanza nel mondo contemporaneo. Il quadro di cui mi appresto a farti conoscere tutto è l’urlo di Munch.

Qui potrai leggere qual’è l’urlo di Munch significato, il perché l’artista ha scelto di rappresentare proprio l urlo, la data di realizzazione dell’opera, le dimensioni, il luogo di conservazione e molto altro.

L'urlo di Munch analisi Oslo

“L’urlo” Edvard Munch

Data di realizzazione: 1893

Dimensioni: 91 x 73,5 cm

Dove si trova: Galleria nazionale, Oslo

Prima di procedere oltre, è bene precisare che l’artista, ha realizzato ben quattro versioni di questa scena, tutte dipinte tra il 1893 ed il 1910. La versione a cui farò riferimento oggi, è quella conservata all’interno della Galleria nazionale di Oslo.

L’artista ha realizzato anche altri quadri di notevole successo, come ad esempio il bacio di Munch (che ricorda anche il bacio di Hayez), ma l’opera di cui parliamo oggi, rappresenta senza dubbio il suo pià grande capolavoro.

L’episodio che ha portato alla nascita dell’urlo Munch, viene narrato dallo stesso artista all’interno del proprio diario: Edvard stava camminando all’interno di un parco con un paio di amici, ma ad un certo punto, si sentì terribilmente stanco e fu costretto ad appoggiarsi ad una palizzata, mentre i suoi due amici procedevano nella camminata.

Dal punto in cui si era fermato, Munch riusciva a scorgere il fiordo in lontananza, mentre il tramonto che circondava la città si stava trasformando in delle lingue di fuoco e, proprio in quel momento, l’artista dentro di se, sentiva lurlo straziante.

L'urlo di Munch 1893 pastello su cartone L'urlo di Munch 1910 tempera su pannello L'urlo di Munch 1895 pastello

L’artista non realizzò questo quadro il giorno stesso, ma ci volle del tempo; fino a che, nel 1893, riuscì a realizzare in modo definitivo la scena che aveva in mente; negli anni successivi, realizzò altre versioni di questa scena:

  • La prima versione del l urlo quadro è solo una bozza della versione definitiva, realizzata con un pastello su cartone
  • La seconda, è quella più popolare e definitiva, conservata ad Oslo
  • La terza, del 1895, è più piccola della più celebre versione di Oslo, ed è un pastello su tavola
  • La quarta versione, poco più grande della precedente, realizzata nel 1910, è una tempera su pannello

Ora procederò nell’effettuare l’urlo di Munch analisi, completando così il quadro delle informazioni relative a questo capolavoro di fine Ottocento.

Nella scena rappresentata dall’artista, in primo piano si scorge un uomo che sta lanciando un fortissimo urlo, e nell’atto di voler dare quanta più forza possibile al proprio grido, porta le mani attorno al volto, arrivando quasi a schiacciarsela.

Ponendo attenzione proprio su quest’uomo in primo piano, è possibile notare che è privo di qualsiasi elemento di riconoscimento: la sua pelle ha un colorito giallo/verdognolo, il suo corpo è serpentiforme, la sua testa è allungata, quasi come se non avesse ossa al proprio interno, le labbra sono nere, gli occhi sbarrati e le narici dilatate dal fortissimo urlo; quest’essere è diventato il perfetto simbolo del Munch urlo.

Il protagonista dell’opera non è propriamente l’uomo appena descritto, ma piuttosto, l’urlo che emette: l urlo di Munch spiegazione è da rintracciare nel pessimismo di fine Ottocento, dove l’incertezza dell’essere umano costituiva un punto di spunti e di ricerche, ed a tal proposito, in questi anni cominciarono ad avere maggiore rilevanza gli studi che stava effettuando Freud sull’inconscio umano.

Spostando lo sguardo sulla sinistra del l urlo Munch, è possibile notare due sagome (probabilmente i due amici a cui Edvard faceva riferimento nel proprio racconto), molto lontane dall’essere in primo piano: i due uomini sembrano voler prendere le distanze dall’urlo lanciato e che sta distorcendo l’intera natura; il loro volersi allontanare dal protagonista, probabilmente simboleggia la falsità dei rapporti umani.

Sulla destra della composizione, si nota un paesaggio naturale, caratterizzato dalla presenza di uno specchio d’acqua, poco limpido e che sembra piuttosto una grande macchia d’olio. Il cielo, invece, è costellato da gigantesche lingue di fuoco.

La scena riportata nell’urlo di Munch descrizione è questa, ma ci sono ancora alcuni elementi degni di nota: i colori utilizzati nella parte superiore del Munch l urlo sono essenzialmente caldi, ponendosi in netto contrasto con la parte inferiore; allo stesso modo, proprio attorno all’essere in primo piano, si nota che i colori più chiari si vedono attorno al suo volto, così da metterlo in risalto.

Inoltre, guardando l’urlo di Munch foto, è possibile notare che tutta la composizione è pervasa da linee curve, mentre i parapetti del ponte sono rigidi e perfettamente geometrici, esattamente come le sagome in lontananza; questo contrasto visivo, potrebbe alludere al fatto che i due uomini sono ancorati alla realtà, e non vogliono lasciarsi trascinare dai drammi della vita, che invece dominano il protagonista in primo piano.

La storia dell’urlo di Munch museo è molto interessante: questo dipinto è stato rubato per due volte, di cui, la prima nel 1994 e la seconda volta nel 2004; fortunatamente, in entrambi i casi, il quadro (spesso denominato erroneamente l urlo di Monk) è stato ritrovato e riportato nel luogo di esposizione originale.

L’urlo di Edvard Munch: analisi completa dell’opera
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Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo: analisi completa dell’opera

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Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo: analisi completa dell’opera
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Oggi ti parlerò di un grande dipinto del Novecento, il quale rappresenta un punto fondamentale all’interno della storia dell’arte contemporanea. L’autore del quadro in questione, è Giuseppe Pellizza da Volpedo, e, per la precisione, mi appresto a parlarti de Il quarto stato.

Ti riporterò tutte le informazioni riguardanti questo quadro famoso di Pellizza da Volpedo, come data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione, descrizione dell’opera e molto altro.

Il quarto stato Giuseppe Pellizza da Volpedo analisi

“Il quarto stato” Giuseppe Pellizza da Volpedo

Data di realizzazione: 1901

Dimensioni: 293 x 545 cm

Dove si trova: Museo del Novecento, Milano

Prima di giungere alla sua versione finale, questo grande capolavoro di Pellizza da Volpedo, ha subito diverse metamorfosi, durante le quali, il suo aspetto è gradualmente mutato.

Nel 1891, dopo aver assistito ad una manifestazione da parte di alcuni operai per le precarie condizioni di lavoro, l’artista, decise di riproporre quell’esatto momento in un dipinto.

Nel giro di qualche mese, il lavoro venne completato: i protagonisti, erano tre uomini che marciavano verso l’osservatore, con alle spalle una grande folla che li seguiva all’interno della piazza Malaspina a Volpedo.

Ambasciatori della fame Giuseppe Pellizza da Volpedo analisi

“Ambasciatori della fame” Giuseppe Pellizza da Volpedo

Questo piccolo abbozzo, intitolato Ambasciatori della fame, costituirà, successivamente, il nucleo centrale del quarto stato quadro.

Negli anni successivi, Pelizza da Volpedo non abbandonò il soggetto, anzi, ci tornò spesso su per effettuare delle modifiche, poiché era sempre insoddisfatto del risultato finale.

Nel 1895, nella continua rielaborazione dell’opera, (che avrebbe portato di lì a poco, alla nascita de il quarto stato quadro), l’artista abbandonò la precedente struttura, presente all’interno degli Ambasciatori della fame per inserire, invece, un numero sempre maggiore di persone al seguito dei tre protagonisti, trasformando così l’opera nella celebre Fiumana.

Fiumana Giuseppe Pellizza da Volpedo analisi

“Fiumana” Giuseppe Pellizza da Volpedo

Oltre all’integrazione di tanti nuovi protagonisti, l’artista decise di cambiare anche i colori della scena, utilizzando tonalità che spaziavano dal blu fino al verde per lo sfondo; inoltre, eliminò anche la presenza di ombre in primo piano, in modo tale, da conferire maggiore attenzione alla folla piuttosto che all’ambiente.

Tra le innumerevoli aggiunte introdotte all’interno della Fiumana, è da citare anche la presenza di una donna in primo piano che regge un bambino tra le sue braccia, la quale simboleggia, passivamente, l’umanità.

Fino al 1898, l’artista continuò a lavorare su questa scena, apportando modifiche sempre maggiori, al fine di rappresentare, attraverso questo preciso istante, l’umanità che procede verso un futuro, in cui la giustizia fa da padrona.

Nello stesso anno, ci furono i Moti di Milano, ed in particolare il massacro di Bava-Beccaris; questi eventi, esortarono ancor di più Pellizza da Volpedo a lavorare su questo suo grande lavoro della Fiumana.

In questi anni, trasformò la grande fiumana di persone, in un gruppo a cuneo rivolto verso lo spettatore; i protagonisti, ora non erano più dei semplici uomini, ma, erano diventati dei lavoratori, i quali avevano trasformato la propria lotta per i diritti in una lotta politica.

Con questo repentino cambio di significato, l’artista scelse di modificare il titolo dell’opera dalla Fiumana al Cammino dei lavoratori. Nel 1901, infine, terminate le modifiche strutturali, nacque, in maniera definitiva, il quarto stato Pellizza da Volpedo.

Il 4 stato è il nuovo protagonista dell’opera di Pellizza da Volpedo: gli uomini e le donne marciano sicuri per la piazza (che probabilmente è ancora quella di Malaspina di Volpedo), con un passo lento e deciso, lasciando intuire che la vittoria è ormai nelle loro mani.

Nel lavoro di Pellizza da Volpedo quarto stato, l’obiettivo era quello di celebrare la vittoria della classe operaia, e non più, rappresentare, più semplicemente, un evento isolato.

L’uomo al centro, ha una mano nella cintola dei pantaloni e con l’altra regge la giacca sulla spalla, assumendo un atteggiamento di sicurezza, e guida l’intero gruppo alle sue spalle.

Accanto a lui, sulla sinistra, si trova un altro uomo che, silenziosamente, lo accompagna, mentre la giacca gli copre un braccio.

Sulla destra, si scorge la donna citata in precedenza, con i piedi nudi e con in braccio un bambino; le grandi pieghe nel suo vestito suggeriscono che sia in movimento. Inoltre, la donna è modellata sulle fattezze della moglie dell’artista, Teresa.

Alle spalle del trittico di protagonisti, si staglia un gigantesco gruppo di manifestanti, di cui tutti, dimostrano di essere calmi e pacati, consci di avere la vittoria dalla loro parte; nel particolare, è possibile notare che molti di loro sono stati ritratti in atteggiamenti perfettamente naturali: c’è chi si copre dal sole, chi guarda in altre direzioni, o anche chi si rivolge direttamente allo spettatore con lo sguardo.

I personaggi in secondo piano, disposti in orizzontale, ricordano da vicino gli antichi fregi che decoravano i templi greci; inoltre, questa scelta stilistica, ricollega l’opera direttamente ad antichi capolavori come la scuola di Atene di Raffaello Sanzio.

 

Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo: analisi completa dell’opera
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Il Cristo Giallo di Paul Gauguin: analisi completa dell’opera

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Il Cristo Giallo di Paul Gauguin: analisi completa dell’opera
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Oggi, ti parlerò di un quadro molto importante, realizzato a fine Ottocento dal pittore Paul Gauguin: quest’ultimo fu un artista eclettico ed autore di molte tele; molti dei suoi lavori, oggi vengono considerati degli storici capolavori dalla critica. Nella sua vita, Gauguin, ebbe anche la possibilità, di vedere dal vivo molti dei quadri di Van Gogh, poiché condivise per qualche tempo una casa con il celebre pittore olandese. Il quadro di Gauguin di cui ti parlerò oggi, è intitolato Il Cristo Giallo.

Qui, potrai leggere tutto quello che riguarda il Cristo giallo di Gauguin, come la data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione attuale, il significato giallo e molto altro.

Il Cristo giallo Gauguin analisi

“Il Cristo giallo” Paul Gauguin

Data di realizzazione: 1889

Dimensioni: 91,1 x 73,4 cm

Dove si trova: Albright-Knox Art Gallery, New York

Per Paul Gauguin il Cristo giallo, rappresenta una delle opere più importanti di tutta la sua carriera pittorica; nel 1886, aveva visitato Pont-Aven, e successivamente, fece innumerevoli viaggi in questa località, rimanendoci, addirittura, per vari mesi.

Durante uno dei suoi ultimi ritorni a Pont-Aven, nacque l’idea (e così, anche la realizzazione) del Cristo giallo Gauguin.

La scena del celebre quadro, è ambientata in campagna, con al centro Cristo crocifisso; ai piedi della croce si trovano tre donne, vestite con tradizionali abiti bretoni, dipinte mentre sono in preghiera.

Spostando lo sguardo alle spalle dei protagonisti del lavoro di Gauguin Cristo giallo, si possono scorgere innumerevoli alberi, un piccolo fiume e tre piccole case sul lato destro della scena.

Gauguin, per la realizzazione di quest’opera, trae liberamente ispirazione dalle antiche opere medievali aventi per soggetto la Crocifissione, apportando, però, qualche modifica: al posto di Cristo, si trova un semplice Crocifisso, ed inoltre, sostituisce la Vergine, la Maddalena ed i vari apostoli, con tre semplici contadine.

Il Cristo giallo significato è il seguente: Gauguin, vuole inserire, nella vita di tutti i giorni, il mistero del sacrificio come aspetto sacro fondamentale, per la rinascita della vita.

L’artista, inoltre, volendo intensificare il significato Cristo nell’opera, utilizza in modo smodato (e volontario), il colore giallo in tutta la composizione: questa tonalità, infatti, rappresenta simbolicamente, l’unione tra il grano e Cristo.

L’opera, inoltre, rivela in gran modo l’influsso dello stile del cloissonisme: questo stile, è riconoscibile dalla grande somiglianza con le grandi vetrate delle cattedrali gotiche; gli elementi fondamentali del quadro di Gauguin, infatti, sono delimitati da grandi linee nere, proprio come accade con le figure delle vetrate.

Autoritratto dell'artista con il Cristo Giallo Gauguin analisi

“Autoritratto dell’artista con il Cristo Giallo” Paul Gauguin

Infine, sono presenti altre opere di Gauguin, che sono strettamente connesse al Cristo giallo, come ad esempio l’autoritratto Gauguin realizzato tra il 1890 ed il 1891, dove in primo piano si trova l’artista, ed alle spalle l’opera con protagonista il Crocifisso.

 

Il Cristo Giallo di Paul Gauguin: analisi completa dell’opera
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Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich: analisi completa dell’opera

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Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich: analisi completa dell’opera
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Oggi, ti farò conoscere un importantissimo lavoro realizzato ad inizio Ottocento, il cui successo, ha influenzato i pittori moderni e contemporanei. Il capolavoro di cui mi appresto a parlarti, ha per protagonista un uomo di spalle, ed inoltre, è uno dei dipinti più conosciuti di tutta la storia dell’arte. L’opera in questione, riguarda un viandante, immortalato da Caspar David Friedrich.

In questo articolo, troverai tutte le informazioni su questo quadro tedesco: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione e tante altre informazioni che ti aiuteranno a comprendere al meglio tale lavoro.

Viandante sul mare di nebbia Caspar David Friedrich analisi

“Viandante sul mare di nebbia” Caspar David Friedrich

Data di realizzazione: 1818

Dimensioni: 98,4 x 74,8 cm

Dove si trova. Hamburger Kunsthalle, Amburgo

Il viandante sul mare di nebbia, o anche, il viaggiatore in un mare di nebbia, è un’opera che è stata a lungo studiata: al centro della composizione di Caspar Friedrich, si erge un uomo misterioso: indossa un soprabito verde scuro, i suoi capelli sono mossi dal forte vento, e nella mano destra, prestando attenzione, si può notare la presenza di un bastone da passeggio.

Il viandante significato non è ancora ben chiarito: riguardo la sua identità, ci sono diverse ipotesi che sono state avanzate; tra le più avvalorate, c’è quella che vede il protagonista, che sta volgendo lo sguardo su un’immagine del mare più bella di sempre, con le fattezze del colonnello sassone Friedrich Gotthard von den Brinken, un ormai defunto amico del pittore.

La nebbia che avvolge il panorama davanti al protagonista, è talmente fitta, da ricordare addirittura, il mare di ghiaccio; a spezzare questa apparente “barriera” naturale, in lontananza, ci sono alcune vette e su alcune di queste, spicca anche qualche albero.

Volgendo lo sguardo ancora più in lontananza dal viandante in un mare di nebbia, verso l’orizzonte, si nota che il cielo arriva a fondersi con il manto nebbioso.

L’abilità di Friedrich pittore è eccezionale: potrebbe sembrare, che questo capolavoro possa essere stato realizzato dal vivo, con un modello che abbia posato per l’artista sulle montagne, ma in realtà non è così; il pittore, infatti, ha dipinto questa celebre composizione in studio, ma nonostante ciò, ha riprodotto fedelmente le montagne della Boemia, ed in particolare dell’Elbsandsteingebirge.

Nel viandante sul mare di nebbia Friedrich, la curiosa scelta di rappresentare il protagonista di spalle è volontaria: attraverso questo artificio, l’osservatore tende ad immedesimarsi nel viandante, dando l’illusione di trovarsi in prima persona, davanti a questo spettacolare panorama.

I colori utilizzati nella composizione sono vari e mescolati tra loro: il blu, grigio, rosa e giallo, sono stati utilizzati per la resa del manto nebbioso, mentre per le rocce, l’artista ha preferito stendere colori opachi e tonalità, che ricordassero il mondo della terra.

Inoltre, nella resa della scena, il pittore, ha utilizzato due tecniche differenti: ha dipinto con precisione e durezza la parte con l’uomo e le rocce, mentre ha optato per una resa più liquida e vaporosa, per la sezione della nebbia e del panorama.

L’opera, rappresenta uno dei quadri più eloquenti ed importanti per quanto riguarda il sublime significato: il misterioso protagonista, contempla l’infinito mare di nebbia, provando una sensazione mista tra paura e piacere davanti alla maestosità della natura.

Il confronto tra uomo e natura, oltre ad essere il tema fondamentale in questo capolavoro, è anche una delle caratteristiche più importanti, alla base del Romanticismo.

Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich: analisi completa dell’opera
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L’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci: analisi completa dell’opera

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L’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci: analisi completa dell’opera
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Oggi, ti parlerò di una delle opere più importanti di tutta la storia dell’arte. L’autore di questo disegno, è Leonardo da Vinci: inventore, architetto, artista e molto altro. Un’opera di Leonardo che è passata alla storia, senza dubbio è La Gioconda, ma oggi, ti parlerò di un altro suo lavoro, intitolato L’Uomo Vitruviano.

In questo articolo, potrai leggere tutte le informazioni relative all’uomo di Leonardo: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione, storia e descrizione di questo celebre uomo di Vitruvio.

Uomo Vitruviano Leonardo da Vinci analisi

“Uomo Vitruviano” Leonardo da Vinci

Data di realizzazione: 1490

Dimensioni: 34,6 x 25,5 cm

Dove si trova: Gallerie dell’Accademia, Venezia

Perché il titolo di quest’opera non è l uomo di Leonardo ma l uomo di Vitruvio? Perché, questo celebre disegno, realizzato nel 1490, non è altro che la rappresentazione grafica di come vennero descritte le proporzioni corpo umano all’interno del trattato De architectura dell’autore romano Vitruvio, vissuto nel I secolo a.C.

Grazie ad un calcolato ed approfondito studio delle fonti, nel tempo, sono stati riportati alla luce, innumerevoli disegni Leonardo da Vinci, ma questo, senza dubbio è il più conosciuto; tale opera, oggi, è conservata nell Gabinetto dei Disegni e Stampe della Galleria dell’Accademia, a Venezia.

Prima di giungere a Venezia, il disegno, venne acquistato prima da Gaudenzio de’ Pagave, poi da Giuseppe Bossi nell’Ottocento; morto Bossi, l’opera di Leonardo, insieme a molti altri progetti dell’artista, vennero acquistati dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dove si trovano tutt’ora.

Vitruvio, all’interno del proprio testo, scrisse che le misure corpo umano ideale (in termini d’altezza), sarebbero dovute essere “pari ad otto teste”.

L Uomo Vitruviano, in parole povere, non è altro che la rappresentazione di un uomo posto in due posizioni sovrapposte, con gli arti divaricati, e nello stesso tempo, inscritto all’interno di un cerchio ed un quadrato.

Qual’è, però, l’Uomo Vitruviano significato? Si tratta, essenzialmente, di un esperimento: per mezzo di un corpo umano disegno, Leonardo, dimostrò di aver appreso appieno il concetto di proporzione; inoltre, questa rappresentazione, mostrava, come durante il Rinascimento, il mondo della matematica e dell’arte, non erano più due sfere separate, bensì, erano in un contatto reciproco sempre maggiore.

Oltre a questi due aspetti, tale lavoro è uno dei disegni uomo attraverso cui, Leonardo da Vinci, cercò di mostrare la relazione che intercorreva tra l’uomo e la natura; l’autore, infatti, ipotizzava che il funzionamento del corpo umano, non era altro che una rappresentazione in scala, del funzionamento dell’intero universo.

Spostando lo sguardo prima sopra, e poi sotto all’Uomo Vitruviano Leonardo, si possono leggere due paragrafi: nel primo, vi è riportata una citazione del testo di Vitruvio a proposito delle proporzioni del corpo umano; nel paragrafo che segue il disegno, il testo enuncia ulteriori informazioni a proposito dell’Uomo Vitruviano descrizione da parte dell’autore Vitruvio, con le specifiche proporzioni.

Rispetto al pensiero di Vitruvio, il disegno Leonardo significato mostra qualche interessante variante: nel disegnare il cerchio ed il quadrato attorno al protagonista, Leonardo, notò che il centro del quadrato non combaciava con quello del cerchio, ovvero l’ombelico, come invece, veniva riportato da Vitruvio.

Inoltre, questa è una delle immagini corpo umano più importanti di sempre, perché mostra graficamente, le correzioni ed i perfezionamenti che Leonardo apportò alle teorie di Vitruvio a proposito delle proporzioni del corpo umano.

Quest’opera di Leonardo, inoltre, viene spesso utilizzata come perfetto esempio di simmetria.

Uomo Vitruviano Giacomo Andrea de Ferrara analisi Uomo Vitruviano Leonardo da Vinci analisi

Secondo alcune teorie, questo disegno, potrebbe essere nato, grazie anche all’influenza di Giacomo Andrea de Ferrara, un architetto del Rinascimento, grande appassionato di Vitruvio ed amico di Leonardo. Il confronto tra i due disegni, sembrerebbe confermare, l’influenza di Giacomo Andrea de Ferrara nell’opera di Leonardo.

L’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci: analisi completa dell’opera
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Banksy: la biografia e le opere più importanti

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Banksy: la biografia e le opere più importanti
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Oggi ti parlerò di uno degli artisti più misteriosi e controversi di tutta la storia dell’arte contemporanea. Il mistero che aleggia attorno alla figura di questo personaggio, ha contribuito in gran parte al suo fascino, ed inoltre, molte delle sue opere, sono presenti in tutto il mondo. L’artista di cui mi appresto a parlarti è Banksy.

Qui, puoi leggere tutte le informazioni su questo writer di fama mondiale, il cui nome molto spesso viene erroneamente storpiato in Bansky o anche Banski. Oltre a conoscere la sua vita, in questo articolo, ti parlerò anche dei suoi capolavori e delle opere che lo hanno reso così popolare e discusso nel mondo moderno.

Banksy biografia

L’INIZIO DELLA CARRIERA

Prima di dedicarsi alla realizzazione di alcuni dei più grandi Banksy graffiti, questo misterioso artista, all’inizio degli anni Novanta, lavorò con altri due colleghi nella DryBreadZ Crew a Bristol.

Nel giro di poco tempo, migliorò gradualmente il proprio stile, e grazie al fortuito incontro con il fotografo Steve Lazarides, le Banksy immagini si trasformarono pian piano in delle vere e proprie opere d’arte, che, in pochissimo tempo vennero vendute.

Qualche tempo dopo, il suo stile divenne immediatamente riconoscibile, soprattutto grazie al caratteristico uso dello stencil, che diventa il suo tradizionale marchio di fabbrica.

Le Banksy opere, fin dagli albori, rappresentano essenzialmente delle immagini contro la guerra, il capitalismo e le istituzioni.

LE PRIME ESPOSIZIONI

Nel 2003, partecipò ad una mostra intitolata Turf War, all’interno di un magazzino di Londra; l’identità di Banksy tutt’oggi non è ancora nota, ma a quel tempo, rilasciò un’intervista alla BBC, spiegando le caratteristiche del suo lavoro.

Show me the Monet Banksy

“Show me the Monet”

Durante questi anni, nella sua produzione artistica, si aggiunsero delle “rivisitazioni” di capolavori del passato, come ad esempio, una versione personalizzata de lo stagno delle Ninfee di Monet, e dei Nighthawks di Hopper; entrambi i lavori, vennero mostrati al grande pubblico in una mostra del 2005, a Londra.

ALTRI LAVORI E BANKSY GAZA

Nel 2004, l’artista, fece produrre diverse banconote inglesi da 10£, eliminando il volto della regina e sostituendolo con quello di Diana, ed inoltre, trasformò il caratteristico testo presente sulla banconota “Banca d’Inghilterra” con la dicitura “Banksy d’Inghilterra”.

Il suo “esperimento” ebbe un successo notevole, a tal punto che, le banconote divennero dei veri e propri pezzi unici, i quali, successivamente vennero venduti su Internet a prezzi molto alti.

Nel 2005, Banksy si recò in Palestina, dove realizzò ben nove immagini sul muro della West Bank di Israele, allargando in modo straordinario, il proprio territorio di attività.

Successivamente, tornò a realizzare altre opere satiriche in Inghilterra ed in altri luoghi, le quali, si richiamano esplicitamente alle Andy Warhol opere.

Balloon Girl Banksy

“Balloon Girl”

Con questa attività irriverente, la fama di Banksy crebbe notevolmente, ed allo stesso modo, anche il costo delle sue opere: Balloon Girl Banksy è uno dei suoi lavori più celebri, il quale è stato venduto da Sotheby per 37200 £.

I suoi murales, oggi, vengono accettati generalmente come dei capolavori, e così, i fortunati abitanti delle strutture su cui Banksy ha realizzato i propri disegni, cercavano di vendere la propria casa per mezzo delle gallerie d’arte, al fine di poter guadagnare più denaro, rispetto alla semplice vendita dell’immobile.

ATTIVITÀ DAL 2008 FINO AD OGGI

Nel 2008, tre anni dopo l’uragano Katrina, volendo denunciare l’abbandono delle operazioni di ricostruzione dei numerosi edifici colpiti dal cataclisma, Banksy realizzò diverse opere a Lousiana, in New Orleans.

Nello stesso anno, l’artista ospitò una mostra chiamata The Cans Festival presso Londra: vennero invitati tanti protagonisti del mondo dei graffiti, ed ognuno poteva esporre le proprie creazioni in modo chiaro e non competitivo.

Nel 2009, il rapporto lavorativo con Steve Lazarides si concluse, ma l’attività di Banksy proseguì, così come la vendita delle sue opere. L’anno successivo, venne presentato il film documentario Exit Through the Gift Shop, diretto dallo stesso Banksy, che ottenne un notevole successo.

A proposito dell’attività filmografica, nel 2014 è stato pubblicato il film Banksy does New York, un documentario di HBO, relativo alla figura di Banksy ed inerente alla sua attività artistica nella Grande Mela.

Banksy napoli

Graffito di Banksy a Napoli

Banksy, negli ultimi anni ha continuato a realizzare altre opere di denuncia in tutto il mondo, e le mostre che lo hanno visto protagonista sono tra gli eventi più importanti nel contesto dell’arte contemporanea, ed anche in Italia il suo successo non è irrilevante: Banksy Roma, nel 2016 è stato protagonista della mostra War, Capitalism and Liberty , mentre Banksy Napoli, a Piazza Gerolomini, ha realizzato, uno dei pochi graffiti, presenti in Italia.

Tra le varie ipotesi a proposito della Banksy identità, c’è chi ritiene, a seguito di varie indagini, che possa essere Robin Gunningham, un vecchio studente di Bristol: si pensa, inoltre, che possa essere un team di più individui, o ancora si ritiene che possa essere Robert Del Naja, il cantante del gruppo Massive Attack.

Banksy: la biografia e le opere più importanti
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La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix: analisi completa dell’opera

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La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix: analisi completa dell’opera
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Oggi ti parlerò di uno dei capolavori più conosciuti nel mondo della storia dell’arte francese e mondiale. L’olio su tela, protagonista di questo articolo è stato realizzato da Eugène Delacroix, autore di innumerevoli lavori di indubbio successo; il quadro di cui ti parlo oggi, è intitolato la libertà che guida il popolo.

Si tratta di un quadro Rivoluzione Francese di grande impatto, ricco di significati allegorici e che costituisce una delle Delacroix opere più importanti della sua carriera. Qui, puoi leggere tutto ciò che c’è da sapere a proposito di questo capolavoro.

La Libertà che guida il popolo Delacroix

“La Libertà che guida il popolo” Eugène Delacroix

Data di realizzazione: 1830

Dimensioni: 260 x 325 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

L’occasione, in cui è nata la libertà che guida il popolo Delacroix è di fondamentale importanza: nel 1829, il re di Francia era Carlo X di Borbone, il quale, decise, mentre era al potere, di affidare il governo a Jules de Polignac.

Quest’ultimo, scelse di emanare un gran numero di provvedimenti che lasciavano grande spazio di azione, ed ancora più potere all’aristocrazia; inoltre, venne riabilitata la censura e venne eliminato qualsiasi strumento che il popolo poteva utilizzare per far sentire la propria voce, come ad esempio la Camera.

Laliberta, per i cittadini, in quel periodo divenne un vero e proprio privilegio; rifiutandosi di accettare questa tristissima condizione, dal 27 Luglio al 29 Luglio del 1830, il popolo si riversò nelle strade di Parigi, chiedendo a gran voce migliori condizioni di vita per tutto il popolo.

Questo quadro in francese di Delacroix rappresenta in modo perfetto e realistico, la forza rivoluzionaria dei cittadini; questa stessa forza, costrinse Carlo X, ad eliminare il governo che approvò in precedenza, ed in seguito, fu costretto ad abdicare

Il quadro di Delacroix libertà, ebbe un grande successo al Salon del 1831: l’opera venne immediatamente acquistata dal governo francese, con il chiaro intento di porla all’interno della sala del trono del palazzo del Lussemburgo; in tal modo, il successivo re, Luigi Filippo, avrebbe sempre ricordato qual’era il pericolo al quale andava incontro nel caso di decisioni crudeli per il popolo.

Sfortunatamente, questo lavoro di Delacroix La libertà che guida il popolo, venne considerata un’opera troppo pericolosa e che avrebbe potuto portare a nuove, sanguinose rivolte; così, per molti anni,cadde nel dimenticatoio, per poi, apparire successivamente nel 1848 durante la Rivoluzione, ed ancora una volta nel 1855 durante l’Esposizione Universale; infine, dal 1874, entrò a far parte delle collezioni del Louvre, dove si trova tutt’ora.

Passiamo a La libertà che guida il popolo analisi dettagliata: la donna che si pone come protagonista della scena, è Marianne: lei è la personificazione della Francia, ed, in questo caso, rappresenta anche la Libertà.

La donna, in una mano stringe la bandiera francese, mentre nell’altra, una baionetta, suggerendo la sua attiva partecipazione nel conflitto; i suoi piedi sono nudi mentre attraversa il campo di battaglia, ha il seno scoperto e sulla testa ha un berretto frigio, il quale era il simbolo della repubblica tanto agognata dai rivoluzionari nel 1789.

Marianne volge lo sguardo verso gli altri cittadini, incoraggiandoli a combattere: tra i combattenti, ci sono persone di tutte le età; sulla destra della protagonista, c’è un giovane ragazzo con la pistola, il quale rappresenta la forza ed il coraggio dei giovani, nella lotta contro il potere spregiudicato della monarchia.

Alla sinistra di Marianne, si trova un uomo che salta subito all’occhio per via del cilindro sulla testa: si tratta di un intellettuale, il quale, è pronto a difendere la libertà dei cittadini a qualunque costo; in passato, si è ritenuto che questo intellettuale non fosse altro che un autoritratto dello stesso Delacroix, ma, studi successivi, hanno lasciato spazio all’ipotesi che potesse trattarsi del suo amico, Félix Guillemardet.

Ai piedi della Libertà, si trova un ragazzo inginocchiato con una camicia blu, il quale, guarda, quasi ipnotizzato, la donna, riversando tutte le sue speranze in quest’ultima, ritenendo che potesse essere l’unica ad avere la forza necessaria per cambiare la società.

Nell’opera sono presenti non solo combattenti, ma anche vittime: in primo piano ci sono svariati cadaveri; uno, è quello di un povero rivoluzionario, privo di alcuni dei suoi vestiti, ed accanto a lui ci sono i corpi di una guardia svizzera ed un corazziere, morti durante il conflitto con gli insorti.

Il gruppo di protagonisti è circondato da una coltre di fumo dovuta ai conflitti, ma in fondo a destra, si scorge la cattedrale di Notre-Dame; questo è un elemento fondamentale nella lettura dell’opera, poiché, ci permette di collocare con precisione, il combattimento, nella città di Parigi.

Marianne Libertà che guida il popolo Delacroix analisi Venere di Milo analisi

Nell’elaborazione di questo capolavoro, l’artista prese ispirazione dalla celebre Venere di Milo: in particolare, Marianne somiglia molto alla celebre statua greca del I secolo a.C.

Libertà che guida il popolo composizione piramidale analisi

Composizione piramidale in “La Libertà che guida il popolo”

Inoltre, Delacroix, si ispirò al capolavoro di Gericault, la zattera della Medusa: da quest’ultimo riprese la composizione a forma di piramide della scena, e, contemporaneamente, ha ribaltato l’atmosfera del quadro; se l’opera di Gericault, il tema centrale era la morte e l’abbandono della speranza da parte dei protagonisti, nel lavoro di Delacroix è proprio la speranza a fare da padrona all’intero contesto.

Infine, le tonalità utilizzate in questo lavoro sono molto scure, eccetto che per la luce che accompagna i movimenti della Libertà; inoltre, il rosso, il blu ed il bianco, oltre ad essere presenti nel tricolore francese, sono dei colori ricorrenti in innumerevoli particolari della composizione.

La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix: analisi completa dell’opera
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Il Pensatore di Auguste Rodin: analisi completa dell’opera

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Il Pensatore di Auguste Rodin: analisi completa dell’opera
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Oggi, quando avrai letto questo articolo, saprai tutto quello che c’è da sapere a proposito di una delle statue più popolari di tutta la storia dell’arte. L’opera, realizzata completamente in bronzo, è stata realizzata da Auguste Rodin, ed è intitolata, il pensatore.

Qui, potrai leggere tutte le informazioni fondamentali a proposito della statua che raffigura l’uomo che pensa: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione ed il significato di questo celebre capolavoro conosciuto da tutti.

Il pensatore Rodin analisi

“Il pensatore” Auguste Rodin

Data di realizzazione: 1880-1902

Dimensioni: 200 x 130 x 140 cm

Dove si trova: Museo Rodin Parigi

La statua originale è conservata tutt’oggi al Musée Rodin, a Parigi; tale realizzazione, costituisce, senza dubbio, uno dei capolavori più importanti, tra le statue prodotte da Auguste Rodin.

Secondo il progetto originario, la statua che oggi rappresenta l’uomo pensieroso, in un primo momento avrebbe dovuto intitolarsi il poeta: secondo le fonti, in origine, la statua, faceva parte di un disegno molto più vasto e complesso; la statua, infatti, avrebbe fatto parte della decorazione di una grande porta in bronzo per il Musée des Arts Décoratifs, ma il progetto, sfortunatamente, non andò mai in porto.

Questo capolavoro di Rodin scultore, rappresenta, inoltre, un tema che appassionava molto il suo creatore: la Divina Commedia; il pensatore Rodin, infatti, costituisce, semplicemente, la rappresentazione di Dante Alighieri, autore del già citato capolavoro letterario.

Questo lavoro di Rodin, nello specifico, rappresenta Dante davanti alle porte dell’Inferno, colto nel momento in cui sta riflettendo, prima di realizzare il suo lungo viaggio e la leggendaria opera a proposito di questo, che lo rese famoso.

La statua il pensatore di Rodin, si richiama anche alle eccezionali Michelangelo opere: le analogie, sono ravvisabili, soprattutto, nella nudità del protagonista, caratteristica che accomuna la statua di Rodin e molte delle creazioni di Michelangelo.

Il pensatore tomba Rodin

“Il pensatore” Auguste Rodin (Tomba dello scultore a Meudon)

Con il passare degli anni, Rodin il pensatore, non viene completato, ed in breve tempo, anche il suo significato originale, viene dimenticato: dalla rappresentazione di Dante che volge lo sguardo verso gli Inferi ed i dannati, questa statua si tramuta nel simbolo dell’essere umano che riflette sul proprio destino e sulla vita, irta di difficoltà e pericoli.

Il bacio Rodin ed i borghesi di Calais, senza dubbio sono altri due capolavori molto celebri di questo artista, ma anche lo stesso scultore si lasciò ammaliare dalla bellezza del pensatore, a tal punto da volere una riproduzione di quest’ultimo sulla propria tomba.

Rodin pensatore copie analisi

Copie de “Il Pensatore”

Il successo di questa scultura è stato talmente vasto, che sono state realizzate più di venti copie, conservate in innumerevoli musei di tutto il mondo.

Il Pensatore di Auguste Rodin: analisi completa dell’opera
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Nike di Samotracia di Pitocrito: analisi completa dell’opera

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Nike di Samotracia di Pitocrito: analisi completa dell’opera
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Oggi, ti parlerò di una delle statue più antiche e popolari di tutta la storia dell’arte. Questa statua, oltre ad essere famosissima, rappresenta anche, uno dei simboli più importanti di tutto il mondo dell’arte greca. L’opera di cui mi appresto a parlarti, è la Nike di Samotracia.

In questo articolo, potrai leggere tutto quello che dovrai sapere a proposito di questa rappresentazione della Vittoria di Samotracia: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione attuale, la sua storia e la Nike di Samotracia analisi.

Nike di Samotracia analisi

“Nike di Samotracia” Pitocrito

Data di realizzazione: II secolo a.C.

Dimensioni: 245 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

La storia di questa statua è molto interessante: secondo le fonti, in origine, venne realizzata a Rodi per ricordare la vittoria della lega delio-attica nella guerra contro gli eserciti alleati di Roma, Pergamo, Rodi e Samotracia.

La vittoria nel conflitto diede grande vigore ai vincitori del conflitto, e volendo ingraziarsi gli dei per questo evento, realizzarono un grande tempio, sulla cui sommità, doveva ergersi, la Nike statua.

Questo capolavoro della Nike samotracia, rimase a lungo all’interno del santuario dei Grandi Dei di Samotracia, per poi cadere nel dimenticatoio per svariati secoli, dimenticata da tutti.

Si sentì nuovamente parlare di questa importante opera in marmo nel 1863, quando Charles Champoiseau, esponente del governo francese, la ritrovò sull’isola di Samotracia, nel Mar Egeo.

Riconosciuta immediatamente la rappresentazione della dea Nike, Champoiseau si adoperò per far si che tale capolavoro venisse immediatamente acquistato dal governo francese: in poco tempo, venne trasferita nel Musée du Louvre.

Prima di giungere alla sua ultima destinazione, però, la statua della Nike dea, dovette affrontare un viaggio marittimo irto di difficoltà, il quale, danneggiò in modo vistoso l’opera.

Dopo essere stata ricomposta, la Nike venne collocata nella sede del Louvre, dove si trova tutt’oggi; solo una volta venne, temporaneamente, trasferita nel castello di Valençay durante la seconda guerra mondiale, per tenerla al sicuro dai bombardamenti e da ulteriori danneggiamenti.

L’identità dell’autore della Nike è tutt’oggi, oggetto di forti discussioni, tuttavia, la grande maggioranza della critica accetta la possibilità che questa venne realizzata da Pitocrito, grazie soprattutto al ritrovamento del nome di quest’ultimo, sul basamento della statua.

Ora, potrai leggere l’analisi dell’opera di Pitocrito: la donna rappresentata, è la dea Nike, figlia del titano Pallante e della ninfa Stige; la dea, come suggerisce il nome, è la personificazione della vittoria nella guerra e nel mondo sportivo.

In questa rappresentazione artistica, la donna, veste un semplice chitone, il suo busto è spostato in avanti, con un vento che soffia contro di lei: in questo modo, il suo vestito aderisce con forza sul suo corpo, mettendo in risalto il forte panneggio dell’abbigliamento.

La Nike, è stata scolpita da Pitocrito mentre si posa sulla prua di una nave con leggerezza con il piede destro, e le sue ali, intanto, sono impegnate nel rallentare il loro movimento, dando la sensazione che questa stia atterrando dolcemente sulla nave.

Grazie al fortunato ritrovamento di alcuni dei frammenti delle mani, ha trovato spazio l’ipotesi riguardo il fatto che, il braccio destro, in origine, era abbassato, nell’atto di reggere il pennone che si trovava sulla spalla destra; il braccio sinistro, invece, era disposto nell’atto di salutare o nel reggere, forse, una corona.

Nike di Samotracia di Pitocrito: analisi completa dell’opera
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La Venere di Milo di Alessandro di Antiochia: analisi completa dell’opera

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La Venere di Milo di Alessandro di Antiochia: analisi completa dell’opera
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In questo articolo, potrai leggere l’avvincente storia e tutto quello che bisogna sapere a proposito di una delle statue più importanti del mondo artistico greco. L’opera di cui ti parlerò oggi è la famosissima Venere di Milo.

Leggendo questo mio articolo, potrai conoscere l’intera vicenda legata alla controversa scoperta della statua ed i motivi che hanno reso quest’opera così importante nel mondo dell’arte classico e moderno.

Venere di Milo Alessandro di Antiochia analisi

“Venere di Milo” Alessandro di Antiochia

Data di realizzazione: 130-100 a.C.

Dimensioni: 203 cm

Dove si trova: Musée du Louvre, Parigi

Tra le innumerevoli statue Venere realizzate nei secoli, questa, proveniente direttamente dal mondo della statuaria greca, è una delle rappresentazioni più conosciute (come anche la Venere di Botticelli) in tutto il mondo.

In origine, gli studiosi hanno ritenuto che l’autore di questa statua della Venere greca, fosse Prassitele; in seguito, dopo aver effettuato delle analisi più approfondite, grazie alla scoperta di una scritta presente sul basamento della statua, la Venere di Milo è stata attribuita ad Alessandro di Antiochia.

La storia della scoperta della statua, (conosciuta, a livello internazionale anche con il nome di Venus de Milo) risale al 1820, quando il contadino Yorgos Kentrotas ritrovò questa statua, presso le rovine della città di Milos.

Ci sono innumerevoli punti nella storia del contadino che, purtroppo, sono troppo poco chiari riguardo il ritrovamento della statua; in ogni caso, l’opera dopo essere stata ritrovata, in seguito, grazie all’intervento di due ufficiali navali francesi, Olivier Voutier e Jules Dumont d’Urville, la Venere Milo venne riconosciuta, e la fecero acquistare dall’ambasciatore francese in Turchia.

Nonostante le storie sul ritrovamento delle Veneri di Milo non siano completamente veritiere e supportate da un numero sufficiente di fonti, si da per certo che il capolavoro, fu scoperto con le braccia completamente mancanti dal busto.

Venere di Milo ricostruzione Furtwängler

Ipotesi di restauro di Adolf Furtwängler

Dopo essere stata acquistata dal governo francese, la Venere statua giunse al Museo del Louvre, dove venne sottoposta a lavori di ricomposizione: durante questo delicato processo, alcune parti della mano sinistra e del relativo braccio furono eliminati a causa del loro pessimo stato in cui versavano.

Dopo i lavori di restauro, si è passato all’analisi della Venere di Milo significato; così sono nate diverse interpretazioni ed approfondimenti: proprio nel bel mezzo di queste accurate analisi, venne attentamente studiato il basamento dell’opera, grazie al quale si attribuì correttamente l’opera ad Alessandro di Antiochia.

Nel 1939, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, questo capolavoro, insieme alla Nike di Samotracia ed altre, fragili sculture, vennero trasferite temporaneamente al Castello di Valençay, al fine di evitare eventuali danni dovuti ai bombardamenti.

La statua, fin dal suo ritrovamento, fu largamente apprezzata sia da critici, che artisti (unicamente Pierre-Auguste Renoir, autore della celebre la colazione dei canottieri, la ritenne un’opera di poco conto); con il passare del tempo, la sua fama crebbe notevolmente, ed insieme a tanti altri lavori come la Venere di Milo Botticelli ed ulteriori lavori, costituisce uno dei simboli più popolari rappresentanti la dea della bellezza.

Guardando la statua, è possibile notare che il corpo della dea è costruito su uno schema a chiasmo; inoltre, grazie al bel gioco di chiaroscuro, viene messa in risalto la perfezione della pelle della divinità.

Nonostante i capelli siano legati, si nota la grande attenzione per quest’ultimi, leggermente ondulati; la capigliatura, unita al il panneggio della veste che copre le sue gambe, permette di ammirare l’eccezionale gioco di luci che ha contribuito a rendere eterna la bellezza di questa statua.

Non è ben chiaro quale fosse il momento preciso in cui Alessandro di Antiochia, abbia voluto rappresentare la dea: secondo un’ipotesi, potrebbe essere un’immagine della Venus Victrix, la quale sta donando la mela d’oro a Paride, il quale ha deciso che proprio Venere era la dea più bella, sconfiggendo Era ed Atena.

Questa curiosa ipotesi, potrebbe trovare qualche fondamento grazie ad un fortunato ritrovamento di alcuni frammenti di una mano che reggeva una mela, scovati proprio nei pressi della statua.

La Venere di Milo di Alessandro di Antiochia: analisi completa dell’opera
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La ragazza con l’orecchino di perla (o ragazza con il turbante) di Jan Vermeer: analisi completa dell’opera

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La ragazza con l’orecchino di perla (o ragazza con il turbante) di Jan Vermeer: analisi completa dell’opera
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Oggi ti parlerò di un importantissimo quadro del Seicento, il quale fin dalla sua prima apparizione in pubblico, ha destato grande scalpore e curiosità tra i critici e non solo; l’opera in questione è conosciuta ai più come la Ragazza col turbante oppure La ragazza con l’orecchino di perla.

Questo celebre capolavoro è stato dipinto da Jan Vermeer, pittore di fama internazionale, il quale, tra l’altro fu anche autore di altri quadri come l’Allegoria della pittura e la Lattaia. Leggendo questo articolo, conoscerai tutti gli aspetti de la ragazza con l orecchino di perla come: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione, storia ed analisi del quadro.

Ragazza con l'orecchino di perla Ragazza col turbante Vermeer

“Ragazza con l’orecchino di perla (Ragazza col turbante)” Jan Vermeer

Data di realizzazione: 1665-1666

Dimensioni: 44,5 x 39 cm

Dove si trova: Mauritshuis, L’aia

Nel corso dei secoli, la popolarità attorno a questo quadro è stata in costante crescita, al punto da essere considerata importante tanto quanto vale la Gioconda; a proposito di tale confronto, l’opera di Vermeer è stata soprannominata anche Monna Lisa olandese.

La storia della ragazza con il turbante o la ragazza con orecchino di perla presenta mostra ancora qualche che può essere chiarita solo con ulteriori indagini: tra le varie incertezze, si ritiene che questa composizione faccia parte della serie dei dipinti di Vermeer raccolti sotto il nome di “Tronien”, ovvero ritratti di persone con indosso dei costumi antichi.

La ragazza con l’orecchino di perla quadro, sarebbe solo uno dei vari tronien realizzati dall’artista, ma senza dubbio costituisce l’esempio più celebre di tale categoria.

Il nome de la ragazza con l orecchino di perla quadro viene citato nelle fonti, per la prima volta durante l’asta presso l’Aia nel 1881, quando venne acquistato dal signor Braams.

L’eccezionale valore pittorico (ed economico) de la ragazza dall orecchino di perla al tempo era ancora ignoto, tant’è che il compratore acquistò la tela solo per 2 fiorini. Nel 1930, quando il signor Braams morì, secondo le sue volontà riportate nel suo testamento, l’opera venne donata al museo dell’Aia.

Perché il lavoro di Vermeer la ragazza con l orecchino di perla, è così importante rispetto a tanti altri capolavori olandesi? Cercherò di risponderti analizzando l’opera.

Il soggetto della composizione, è una ragazza rappresentata di profilo; Vermeer pittore, piuttosto che dipingere una figura completa, ha preferito ritrarre soltanto la donna con mezzo busto.

La protagonista rivolge lo sguardo verso lo spettatore, e grazie alla fonte di luce proveniente da sinistra sono messe in risalto le perle orecchini ed altri minuziosi dettagli che testimoniano l’eccezionale abilità di ritrattista di Vermer.

La ragazza con l orecchino di perla dipinto, inoltre, presenta tanti piccoli accorgimenti che non devono essere tralasciati, ma piuttosto approfonditi: la donna indossa un mantello color rame, da cui spicca una camicia bianca, oltre al celebre copricapo che avvolge i suoi capelli (e che funge anche da titolo per l’opera la ragazza col turbante).

Proprio questo accessorio, costituito semplicemente da una fascia azzurra ed un pezzo di tessuto color giallo, il quale trova il suo apice nei capelli e che giunge poi fino alle spalle, ricorda in gran modo, le mitologiche figure delle muse greche o addirittura le Sibille (quest’ultime sono state importanti protagoniste della decorazione della Cappella Sistina, dove si trova anche il  Giudizio Universale Michelangelo).

La grande abilità pittorica di Vermeer, è ravvisabile nella prontezza che gli ha permesso di catturare l’esatto istante in cui la ragazza sta aprendo la bocca, mettendo in risalto le labbra carnose; inoltre, i suoi occhi sono aperti, dando modo di poter intravedere le grandi pupille.

Gli occhi della donna sono molto importanti: guardandoli con attenzione è possibile notare una sorta di “luccichio”; questo gioco di riflessi, è dovuto ai celebri orecchini perle, o, per essere preciso, la perla che si intravede nell’oscurità generale della scena, poco sopra il colletto della camicia.

La ragazza orecchino di perla costituisce il più grande capolavoro di Vermeer: proprio la perla, oltre a testimoniare la già citata, grandiosa abilità pittorica dell’artista, cela un’atmosfera misteriosa.

Guardando con attenzione all’abbigliamento della protagonista, si può facilmente dedurre che questa appartenga ad una classe sociale non agiata; d’altro canto, l’orecchino, protagonista indiscusso della composizione, è di eccezionale fattura, e nel Seicento, poteva appartenere unicamente ad una donna aristocratica.

Grazie ad alcuni studi specialistici riguardanti il monile indossato da la ragazza con il turbante, è stato possibile intuire che questo sia troppo grande per essere reale; ciò lascerebbe pensare che si possa trattare di un’invenzione del pittore o anche di un’imitazione in vetro del gioiello, opera di artigiani veneziani.

Lo straordinario successo della ragazza orecchino perla nel mondo contemporaneo ha avuto un notevolissimo impatto anche nella letteratura e nel mondo cinematografico: nel 1986, esce la ragazza con l orecchino di perla libro. e nel 2003 approda nelle sale cinematografiche, la ragazza con l orecchino di perla film.

La ragazza con l’orecchino di perla (o ragazza con il turbante) di Jan Vermeer: analisi completa dell’opera
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Il discobolo di Mirone: analisi completa dell’opera

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Il discobolo di Mirone: analisi completa dell’opera
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In questo articolo ti parlerò di una conosciutissima statua greca; il capolavoro di cui mi appresto a raccontarti, insieme ai bronzi di Riace rappresenta una delle creazioni scultoree più importanti mai realizzate dal popolo greco. Ecco tutto quello che devi sapere a proposito del Discobolo di Mirone.

Leggendo questo articolo, scoprirai i fatti fondamentali a proposito de il discobolo di Mirone: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione, storia e descrizione della statua.

Copia in bronzo Discobolo Mirone analisi

“Discobolo” Mirone (copia in bronzo)

Data di realizzazione: 455 a.C.

Dimensioni: 124 cm

Dove si trova: Le copie sono in vari luoghi

Non si hanno molte informazioni riguardo il motivo della realizzazione di questa scultura: generalmente, gli storici ritengono che l’opera sia stata realizzata per la città di Sparta e che rappresenti un atleta nel preciso istante che precede il lancio del disco.

Al giorno d’oggi, sono note diverse copie del Discobolo Mirone: tra le più importanti, c’è il Discobolo Lancellotti, conservato presso il Museo nazionale romano di Palazzo Massimo; nello stesso museo romano c’è anche il Discobolo di Castelproziano; inoltre c’è un’altra copia della statua presso il British Museum, chiamato Townley, ed infine, presso Vienna c’è un’ulteriore copia della statua di Mirone.

Copie Discobolo Mirone analisi

Copie del Discobolo

Le caratteristiche che hanno reso celebre la statua Discobolo di Mirone sono facilmente intuibili guardando la sua particolarissima composizione armonica: ponendosi di fronte alla statua, è possibile (mentalmente) tracciare un arco, che passa direttamente dalla mano che regge il disco, fino al piede piegato; oltre a questa, si può tracciare una seconda linea a serpentina che trova la sua origine dalla testa e che poi attraversa il corpo, fino a giungere all’altro piede poggiato a terra.

Nel Mirone Discobolo la resa del movimento è un ulteriore dato che ha contribuito a rendere eccezionale questa statua: tale aspetto, è stato messo in risalto nel particolare del braccio teso con il disco, pronto a ruotare per lanciare quest’ultimo e sprigionare tutta la forza accumulata.

Il movimento preparatorio per il lancio del disco, sembra far perdere l’equilibrio all’atleta, ma non è così.

Il protagonista riesce a tenersi in piedi grazie alla forza dell’altro movimento generato dalla sua stessa posizione, che lo fissa a terra e gli permette di rimanere stabile.

Il Discobolo statua di Mirone costituisce un punto di svolta fondamentale per la statuaria greca: i due movimenti citati in precedenza, non devono essere intesi come delle forze contrastanti, anzi, al contrario; l’equilibrio finale dell’atleta è donato una somma di forze, le quali, unite tra loro danno come risultato, la stabilità del protagonista.

Questo incredibile, e complesso risultato raggiunto da Mirone potrebbe sembrare troppo avanzato e macchinoso se si pensa che è una scultura del V secolo a.C.; in realtà, l’autore potrebbe ovviato al gravoso problema dell’instabilità della sua creazione, scegliendo semplicemente il bronzo come materiale.

Scegliendo il bronzo come fonte per la realizzazione della statua, Mirone era a conoscenza del fatto che la statua al suo interno sarebbe stata vuota: questo non è un elemento di poco conto, infatti, potrebbe aver utilizzato lo spazio interno per inserire qualche peso, il quale, potrebbe aver contribuito a raggiungere l’equilibrio ricercato.

Diversamente dall’originale, le copie d’età romana della statua sono state realizzate in marmo: in questo caso, non potendo utilizzare lo stesso stratagemma di Mirone, gli altri scultori hanno preferito inserire nella composizione, un piccolo fusto d’albero al quale la statua si appoggia, ottenendo un perfetto equilibrio per l’atleta.

L’unico difetto del Discobolo è il fatto che si può apprezzare solo frontalmente, poiché spostandosi lateralmente ed acquisendo un altro punto di vista, si perdono tutte le caratteristiche d’equilibrio e perfezione armonica.

Molti secoli dopo, capolavori della scultura come il David di Michelangelo o il David Bernini contempleranno molteplici possibilità di visione della scultura.

Il discobolo di Mirone: analisi completa dell’opera
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Venere di Urbino di Tiziano: analisi completa dell’opera

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Venere di Urbino di Tiziano: analisi completa dell’opera
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Leggendo questo articolo, conoscerai uno dei quadri più popolari del Cinquecento. Si tratta di un’opera che ha fatto molto discutere nel sesto secolo, e, contemporaneamente, si è imposta come modello per capolavori realizzati nei secoli successivi. L’opera di cui voglio parlarti oggi è la Venere di Urbino di Tiziano.

Cercherò di spiegarti i elementi fondamentali a proposito di questa avvenente Venere di Tiziano: data di realizzazione, dimensioni, dove si trova, analisi dell’opera ed il perché questa venere nuda è considerata il massimo capolavoro tra le opere di Tiziano.

Venere di Urbino Tiziano

“Venere di Urbino” Tiziano

Data di realizzazione: 1538

Dimensioni: 119 x 165 cm

Dove si trova: Galleria degli Uffizi, Firenze

Il quadro venne realizzato su commissione di Guidobaldo II Della Rovere nel 1538, il quale, voleva mostrare quest’opera alla sua giovane moglie, Giulia da Varano, con l’obiettivo di utilizzare il lavoro di Tiziano come monito amoroso per la coniuge.

La tela, conosciuta internazionalmente con il titolo Venus of Urbino, prima di giungere nella città di Urbino, dove si trovava Guidobaldo II, incontrò diversi ostacoli: il più gravoso riguardava il fatto che il giovane rampollo non aveva la somma necessaria per poter acquistare il capolavoro; la madre di Guidobaldo, Eleonora Gonzaga, si rifiutò di aiutarlo economicamente, ma con qualche sacrificio il giovane Della Rovere riuscì ad ottenere il tanto agognato dipinto donna.

Cento anni dopo, una discendente della stessa famiglia, Vittoria della Rovere, si unì in matrimonio con Ferdinando II de’ Medici, e come dote, portò con se innumerevoli quadri, tra cui l’inestimabile Venere Urbino.

Dalla metà del 1600, il quadro di Tiziano venne conservato nella villa di Poggio Imperiale.

La Venere di Urbino dove si trova oggi? Dopo l’ultimo passaggio negli inventari di villa di Poggio Imperiale, l’opera venne definitivamente trasferita nella Galleria degli Uffizi.

Confronto Venere di Urbino Tiziano Ingres analisi

Confronto Tiziano-Ingres

La fama che circonda questo capolavoro di Tiziano è stata crescente nel corso dei secoli: Jean-Auguste-Dominique Ingres, ammaliato dalla bellezza dei Tiziano quadri, ed in particolare da questa avvenente rappresentazione della dea, realizzò una copia di tale lavoro nel 1821.

Confronto Venere di Urbino Tiziano Venere dormiente Giorgione analisi

Confronto Tiziano-Giorgione

Un’altra importante copia è la Venere di Giorgione, che ricorda il lavoro di Tiziano per  alcuni aspetti, con un’unica differenza: la protagonista è una Venere dormiente e non sveglia come quella di Urbino.

Oltre alle personali reinterpretazioni di Ingres e di Giorgione, è importante citare anche l’Olympia Manet, ispirata dall’antico capolavoro di Tiziano; fu un’opera che destò scalpore nella Parigi dell’Ottocento, e si confermò come una dei quadri più controversi della pittura moderna.

Confronto Venere di Urbino Tiziano Olympia Manet analisi

Confronto Tiziano-Manet

Questa è la storia della nascita del capolavoro di Tiziano e della fortuna che ha avuto nel corso dei secoli. Ora passerò ad effettuare la Venere di Urbino analisi.

In primo piano, Tiziano dipinge Venere sdraiata, completamente nuda su un materasso. La camera da letto in cui si trova la dea è composta con un arredamento moderno, lontana dal mondo greco e romano, ai quali apparteneva originariamente Venere.

A rendere eccezionale questa Venere Tiziano sono soprattutto i dettagli: la dea, sdraiata su un letto, appoggia il braccio su due cuscini e con lo sguardo (a metà tra la sfida ed il pudore), rivolto verso lo spettatore.

La protagonista con una mano si copre, alludendo al tema classico della Venus Pudicaovvero la versione di Venere intenta a coprirsi il seno o le parti intime, simboleggiando la parte più umana della dea della bellezza.

Ci sono altri elementi della Venere significato su cui è necessario fare un approfondimento: nella mano destra, la donna lascia cadere delle rose rosse; questo è il fiore sacro della dea e che simboleggia la bellezza.

L’atto di far cadere le rose allude alla bellezza fisica che con il passare degli anni appassisce; con questo gesto, suggerisce intrinsecamente di basare la propria persona non su un attributo fugace, ma su qualcosa che può persistere, come ad esempio la fedeltà.

La fedeltà è un tema ricorrente in molte delle Tiziano opere, ma in questa, in particolare, ci sono innumerevoli elementi che rendono tale valore un aspetto fondamentale della composizione: ai piedi di Venere si trova un piccolo cane, simbolo per eccellenza della fedeltà.

Spostando lo sguardo sul braccio disteso della dea, è possibile notare che indossa un anello al mignolo; oltre a questo prezioso accessorio, Venere indossa anche un bracciale d’oro ed un orecchino di perla a forma di goccia, simbolo della purezza.

In combinazione, il cane e l’anello, possono essere interpretati come una sorta monito per la moglie di Guidobaldo, ovvero Giulia da Varano, suggerendole di essere sensuale soltanto nei confronti di suo marito.

Proprio all’altezza dell’inguine di Venere, Tiziano pone la fine della parete scura che si trova alle spalle della protagonista; sulla destra, si apre un’altra scena, con protagoniste due ancelle di Venere.

Le due donne sullo sfondo stanno cercando delle vesti da far indossare alla dea della bellezza: una è inginocchiata per ricercare qualche abito nella cassapanca, mentre l’altra è in piedi ed ha già un vestito sulla spalla.

A sinistra delle ancelle, si staglia una piccola finestra da cui filtra la luce, e nell’apertura si scorge un albero, lasciando intendere la possibile presenza di un giardino all’esterno.

La notevolissima attenzione per la resa dei capelli ricci di Venere da parte di Tiziano, può indicare che che probabilmente la modella aveva una relazione con il pittore.

Infine, il netto gioco tra le tonalità chiare e quelle scure sullo sfondo mettono in risalto il corpo della protagonista.

Venere di Urbino di Tiziano: analisi completa dell’opera
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La cattedrale di Rouen di Claude Monet: analisi completa delle opere

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La cattedrale di Rouen di Claude Monet: analisi completa delle opere
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In questo articolo ti parlerò di una serie di quadri di Monet di grande importanza. Oltre alla celebre serie delle Ninfee Monet ed i quadri sui gladioli, la serie di opere di cui mi appresto a parlarti ora, racchiude al proprio interno tutte le caratteristiche di Monet. I quadri che mi accingo a farti conoscere, sono quelli appartenenti alla serie della Cattedrale di Rouen.

Il gruppo è composto da 30 dipinti, tutti rappresentanti la cattedrale gotica in momenti differenti della giornata. Leggendo questo articolo, conoscerai tutti i dettagli relativi ai vari lavori, come data di realizzazione, dimensioni, luoghi di conservazione, descrizione ed analisi dei quadri Monet più significativi di tutta la serie.

Data di realizzazione: 1892-1894

Dimensioni: generalmente 100 x 65 cm

Dove si trovano: Vari musei del mondo

Le prime immagini della Cattedrale di Rouen, vennero realizzate da Monet nel 1892, durante il primo soggiorno dell’artista nell’omonima cittadina.

I primi due dipinti di Monet appartenenti a questa serie rappresentano due osservazioni sul cortile d’Albane, più o meno a nord-ovest della cattedrale.

Il pittore Monet realizzò questi disegni inizali, mentre soggiornava in un appartamento vuoto al numero 31 della place della Cathédrale; successivamente, l’artista fu costretto a trasferirsi a causa di alcuni lavori che dovevano essere effettuati nel locale dove soggiornava.

A causa di questo imprevisto, le opere di Monet riguardanti la cattedrale dovettero subire un momentaneo arresto, e così l’artista tornò temporaneamente a Giverny.

A partire da Febbraio del 1892, il pittore tornò nuovamente a Rouen per proseguire la serie di dipinti sulla chiesa gotica; con questo ritorno alla città, Monet scelse come luogo per osservare il soggetto delle sue opere, il camerino di un ex negozio di lingerie, molto vicino alla sua precedente abitazione.

Nel 1893, non volendo abbandonare il progetto, si spostò ancora una volta, in un altro luogo per completare la serie dei dipinti Monet: precisamente, si trasferì al numero 81 di rue du Grand-Pont, dove realizzò le ultime sei tele della Cattedrale di Rouen Monet.

Nel 1895, l’artista, avendo completato la lunga serie di opere, ne espose circa una ventina da Durand-Ruel.

Per mezzo delle analisi approfondite da parte degli studiosi, si è giunti alla conclusione che è impossibile determinare con precisione a che ora sia stata realizzata ogni tela di questa serie, poiché ciascun quadro Monet, dopo essere stato completato, è stato rielaborato e modificato nell’atelier dal pittore.

Le prime due tele definitive de la cattedrale di Rouen Monet vennero dipinte ad inizio febbraio del 1892, a cielo aperto: questi lavori mostravano una parte della Tour Saint Romain ed alcune abitazioni nelle vicinanze; questi due disegni erano molto interessanti e si distaccavano dal resto della serie perché Monet pittore dipinse all’aria aperta, mentre si trovava al piano terra e rivolto ad occidente.

Cattedrale di Rouen Corte d'Albane Monet

“La Cour d’Albane, temps gris” Claude Monet

Dopo aver preso coscienza del problema relativo al punto di vista troppo basso, per continuare la produzione di altri Monet dipinti, si spostò in un appartamento.

Le Portail vu de face, harmonie brune Monet

“Le Portail vu de face, harmonie brune” Claude Monet

Effettuato il primo trasferimento nella stanza vuota, Monet la cattedrale di Rouen si trovavano di fronte. Da questo rinnovato punto di osservazione, l’artista diede vita ad altre due tele: ne fece una ad inizio del pomeriggio, con il cielo grigio e colori abbastanza spenti; il secondo dipinto non venne mai completato, e l’artista non soddisfatto del lavoro, scelse di non firmarla.

Cattedrale di Rouen vedute in prospettiva Monet

“Cattedrale di Rouen” (serie di vedute del portale in prospettiva) Claude Monet

Dopo la pausa che l’artista si concesse a Giverny, decise di tornare a Rouen completare la grande serie; Monet la cattedrale di Rouen ora non si trovavano più frontalmente (a causa di un ulteriore trasferimento), ma leggermente in prospettiva: qui realizzò un’altra decina di tele, tutte dipinte tra le 13:00 e le 18:30.

Cattedrale di Rouen veduta ufficio turistico Monet

“Cattedrale di Rouen” (serie di vedute dall’ex negozio di lingerie) Claude Monet

L’ennesimo trasferimento dell’artista, spostò leggermente il punto di osservazione nelle sue nuove realizzazioni, ma le differenze non erano eclatanti rispetto all’ultima serie realizzata; qui, dipinse altri undici quadri.

Cattedrale di Rouen Monet 1894

“Cattedrale di Rouen” (serie del 1894) Claude Monet

L’ultimo spostamento al numero 81 di Rue Grand-Pont, portò Monet a realizzare nel 1893 altre “istantanee” della cattedrale: per di più, diede vita ad una sorta di laboratorio, dove si circondò di tutti i lavori precedenti che aveva realizzato; in questo modo, ebbe la possibilità di concentrarsi sulle scene che reputava più belle. Con questo ultimo sforzo, il pittore realizzò altre sei tele, completando la serie.

La cattedrale di Rouen di Claude Monet: analisi completa delle opere
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La Danza di Henri Matisse: analisi completa dell’opera

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La Danza di Henri Matisse: analisi completa dell’opera
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In questo articolo ti parlerò di uno dei più grandi capolavori dell’arte contemporanea; il quadro, o meglio, i dipinti, di cui mi appresto a raccontarti la storia sono stati realizzati nel primo decennio del Novecento: sono entrambi intitoli la Danza e sono stati realizzati da Henri Matisse.

È bene sottolineare che quando si parla de la danza di Matisse, si può cadere in errore: esistono due quadri che portano questo titolo; una versione è stata realizzata nel 1909, mentre l’altra nell’anno successivo. In questo articolo ti parlerò delle due rappresentazioni della danza Matisse.

DANZA PRIMA VERSIONE

Questo quadro è stato realizzato nel Marzo del 1909, e si distingue notevolmente da quello dell’anno successivo, il quale costituisce, inoltre, il quadro famoso per eccellenza, nella produzione dell’artista.

La Danza I Henri Matisse

“La Danza (I)” Henri Matisse

Data di realizzazione: 1909

Dimensioni: 259,7 x 390,1 cm

Dove si trova: Museum of Modern Art, New York

Questa grande composizione, conservata oggi a New York, nonostante sia solo una bozza preliminare, è uno dei quadri di Matisse più importanti di tutta la sua carriera.

Nella tela sono rappresentati cinque ballerini che danzano mentre si tengono per mano; i dettagli della scena sono pochi, sia per quanto riguarda l’ambiente che i personaggi: i loro volti sono appena delineati e così anche i loro corpi, i quali, comunque trasmettono un forte dinamismo con i loro movimenti.

La Danza con i Nasturzi Henri Matisse

“La Danza con i Nasturzi” Henri Matisse

Henry Matisse era molto contento del risultato di questa primitiva realizzazione, a tal punto che introdusse un piccolo spezzone di quest’ultima in un altro dei suoi lavori, intitolato La danza con i Nasturzi del 1912.

LA DANZA DI MATISSE

Il nome di Matisse con il passare del tempo era sempre più popolare, e la composizione che realizzò nel 1910 fu fondamentale per confermare il suo nuovo status di celebrità.

La Danza Henri Matisse

“La Danza” Henri Matisse

Data di realizzazione: 1910

Dimensioni: 260 x 391 cm

Dove si trova: L’Hermitage, San Pietroburgo

Il quadro più importante tra le varie opere di Matisse è senza dubbio la versione finale della Danza, conservata oggi in Russia, a San Pietroburgo.

Altri lavori dell’artista, come la gioia di vivere Matisse sono senza dubbio delle pietre miliari nella carriera del pittore, ma questo è considerato unanimemente, il suo lavoro più popolare.

La danse Matisse è stato realizzato al fine di essere esposto in combinazione con un altro lavoro, intitolato Musica Matisse, per poi destinare entrambe le tele all’uomo d’affari russo ed amante d’arte Sergei Shchukin, il quale era da molto tempo in affari con Henri Matisse.

Matisse la danza è rimasto per circa 7 anni, insieme a Musica, appeso nella casa di Shchukin; nel 1917, quando c’è stata la Rivoluzione d’Ottobre, l’opera d’arte è andata a finire nel Museo dell’Hermitage a San Pietroburgo, dove oggi può essere ammirata pubblicamente.

Le due Henri Matisse opere conservate in Russia, costituiscono dei pezzi fondamentali della grande collezione d’arte dell’Hermitage.

Passiamo ad analizzare il più celebre tra i quadri Matisse da un punto di vista stilistico: i protagonisti, come nella prima versione dell’opera, sono cinque figure danzanti, ma a differenza della rappresentazione precedente, la pelle dei soggetti non è più chiara, ma è stata colorata utilizzando una forte tonalità rossa.

In contrasto al forte rosso, nella Matisse Danza si scorgono anche altri due colori: il verde scuro del paesaggio ed il blu del cielo; l’utilizzo di queste forti tonalità, dimostra l’influsso dell’arte primitiva nei Matisse quadri e contemporaneamente, lo accomuna alla palette di colori utilizzate anche da altri pittori Fauve.

L’accurata selezione di colori ed il ritmo trasmesso dai movimenti dei protagonisti, trasmettono una forte libertà e sembrano quasi suggerire un approccio edonistico alla vita, volto a vivere il momento con spensieratezza.

Henri Matisse la Danza è un dipinto chiave nella carriera del celebre artista, il quale ha saputo sintetizzare tutte le caratteristiche della sua pittura in una composizione semplice ed estremamente efficace.

La Danza di Henri Matisse: analisi completa dell’opera
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Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio: analisi completa dell’opera

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Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio: analisi completa dell’opera
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Voglio farti conoscere un quadro di Caravaggio di cui non avrai sentito parlare spesso, ma, secondo me, è fondamentale per conoscere in modo completo l’avventurosa vita di questo artista. Il suo obiettivo di conquistare la fama immortale lo ha portato ad affrontare molti pericoli, e, negli ultimi anni della sua vita, una rocambolesca fuga. Il quadro di cui voglio parlarti oggi è un punto importante nel percorso finale di Caravaggio, ed è intitolato Seppellimento di Santa Lucia.

Quando avrai finito di leggere questo articolo, ti assicuro che avrai scoperto l’importanza di Caravaggio a Siracusa, tutti i dettagli di questo lavoro, il motivo per cui ha dipinto una tela che ritraesse proprio il martirio di santa Lucia e tante altre informazioni che ti aiuteranno a conoscere con maggiore accuratezza la vita travagliata di questo artista.

Seppellimento Santa Lucia Caravaggio

“Seppellimento di Santa Lucia” Caravaggio

Data di realizzazione: 1608

Dimensioni: 408 x 300 cm

Dove si trova: Chiesa di Santa Lucia alla Badia, Siracusa

Cosa ci faceva Caravaggio a Siracusa? Devi sapere che, Michelangelo Merisi ha vissuto per molti anni a Roma. Qui, ha realizzato i capolavori più importanti della sua vita, come la Vocazione di san Matteola conversione di Saulo in san Paolo.

Il 28 Maggio 1606, a causa di una violenta rissa con Ranuccio Tomassoni, che si è conclusa poi con l’omicidio di quest’ultimo, Caravaggio è costretto a scappare per evitare di essere processato.

Il Papa mette una taglia sulla sua testa, e da quel momento, il pittore comincia una vita da latitante: arriva prima a Napoli, poi si dirige a Malta per diventare Cavaliere.

Entrando in questo prestigioso ordine, Michelangelo Merisi gode di uno status nuovo che cancella gli errori che macchiano la sua fedina penale.

Non ci vuole molto prima che Caravaggio si cacci nuovamente nei guai. Questa volta finisce coinvolto in una rissa con un altro Cavaliere e viene espulso immediatamente dall’Ordine, arrivando così ad essere ricercato dal Papa, dai sicari dei Tomassoni ed ora anche dall’ordine dei Cavalieri di Malta.

Fortunatamente, riesce ad approdare in Sicilia e qui incontra Mario Minniti, un amico e pittore di vecchia data che lo aiuta a nascondersi.

Tutti ormai conoscono la storia di Caravaggio e la sua fama è alle stelle. Gli uomini più ricchi in Sicilia fanno a gara per accaparrarsi un suo lavoro, ed il pittore ottiene molto facilmente l’incarico da parte del Senato di realizzare una tela per l’altare della Chiesa di Santa Lucia alla Badia di Siracusa.

Nasce così il lavoro di Caravaggio seppellimento di santa Lucia. Una tela eccezionale e rivoluzionaria.

Latomia Orecchio Dioniso Siracusa

Latomia detta Orecchio di Dioniso

Ora voglio parlarti proprio della scena che ha ideato Caravaggio. All’inizio, molti studiosi pensavano che l’ambiente che circonda i protagonisti fosse quello delle latomie, ovvero delle antiche cave di pietra siciliane che l’antico tiranno Dioniso trasformò in delle prigioni.

Non è un’identificazione errata: se guardi la grande apertura che si vede sullo sfondo, chiunque direbbe che si tratta di una parete rocciosa.

Particolare arco seppellimento santa lucia Caravaggio analisi

Particolare dell’arco sullo sfondo

Però c’è qualcosa che non va in questa parete: l’arco dipinto è troppo preciso per essere “naturale” e quindi, molto probabilmente non si tratta di un muro di rocce. Volendo essere più reali, potrebbe trattarsi di un particolare della Cripta di San Marziano, il quale fu il primo vescovo di Siracusa.

Caravaggio ha avuto occasione di studiare un po’ i luoghi siciliani, e sicuramente si è ispirato a questa cripta per la sua opera.

In passato, per via dei suoi continui spostamenti, il pittore era costretto a dipingere delle scene completamente buie e con pochi dettagli, ma questa volta, pur essendo ricercato da nemici, Chiesa e Cavalieri di Malta, preferisce adottare qualche cambiamento.

Non c’è il buio avvolgente delle sue più grandi opere, ma nonostante ciò, la pennellata è veloce e diretta, quasi come se volesse cavarsi da questo incarico il prima possibile.

La parte superiore della tela è occupata dalla grande parete rocciosa di cui ti ho parlato prima, mentre nella zona inferiore c’è il corpo di santa Lucia, priva di vita.

Particolare taglio collo Seppellimento Santa Lucia Caravaggio analisi

Particolare della testa e del collo ferito di Santa Lucia

La donna è circondata da coloro che stanno partecipando al funerale: se guardi da più vicino santa Lucia, puoi notare la ferita al collo che l’ha portata alla morte; analizzando questo particolare da una distanza ancor più ravvicinata, sembra che in origine, l’idea di Caravaggio fosse quella di rappresentare la santa senza testa; poi, però, rendendosi conto dell’eccessiva violenza della scena, preferisce dipingere così come la vedi oggi.

La decapitazione è un elemento ricorrente, quasi un’ossessione, negli ultimi lavori di Caravaggio: anche nella sua rappresentazione di Davide e Golia dà grande importanza all’agghiacciante uccisione del gigante da parte dell’eroe biblico.

Ma perché sempre è così fissato con la decapitazione? Ti ricordo che Caravaggio, al tempo, erari cercato e su di lui gravava la pena di morte.

Quando si trova a Siracusa è stanco di scappare sempre e comincia a temere per la propria vita: sa di essere un bersaglio ed il suo incubo peggiore è proprio quello di essere giustiziato.

Ci sono altri due personaggi in primissimo piano nel seppellimento di santa Lucia Caravaggio, i quali sembrano quasi “rubare” il ruolo da protagonista alla martire.

Particolare becchino seppellimento santa lucia Caravaggio analisi

Particolare di uno dei becchini

Si tratta di due becchini impegnati a scavare la fossa per santa Lucia.

Hai notato che sono molto più grandi rispetto agli altri personaggi? Sembrano quasi dei giganti: quello di sinistra, poi, sta guardando la mano benedicente del vescovo che si trova a destra, accompagnato da una guardia.

Particolare vescovo guardia seppellimento santa lucia Caravaggio descrizione

Particolare del vescovo e della guardia

Gli altri partecipanti sono dei devoti che si sono riuniti, come in un tradizionale funerale, per dare l’ultimo saluto alla santa.

Guarda con attenzione santa Lucia: ha una mano appoggiata sul petto, mentre l’altra è a terra.

Particolare palma martirio seppellimento santa Lucia Caravaggio analisi

Particolare della palma del martirio cancellata

Devi sapere che in origine, la mano non era poggiata a terra, ma lì c’era la palma del martirio. A causa di alcuni restauri fatti male, questa è stata cancellata completamente.

L’atmosfera divina scompare completamente per lasciare spazio alla cruda realtà: Caravaggio ha trasformato il seppellimento e la beatificazione di una santa in un normalissimo funerale.

 

Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio: analisi completa dell’opera
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