Il sacrificio di Isacco di Caravaggio: la “doppia” prova della fede
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Voglio farti conoscere, non una, ma ben due bellissime tele dipinte da Caravaggio. Si tratta di due lavori molto importanti perché sono estremamente diverse tra loro, e questa varietà ci permette di scoprire due importanti periodi dell’evoluzione stilistica di Caravaggio. Le due tele di cui voglio parlarti oggi sono intitolate il sacrificio di Isacco.
Quando avrai terminato di leggere questo articolo, posso assicurarti che i due quadri riguardanti Abramo e Isacco non avranno più nessun segreto per te.
I due periodi in cui Caravaggio ha dipinto queste tele ti saranno perfettamente chiari, ed inoltre conoscerai gli elementi più importanti di entrambe le rappresentazioni, senza dimenticare le importanti differenze che emergono confrontando i due lavori.
IL SACRIFICIO DI ISACCO DI PRINCETON
Qui puoi leggere tutto a proposito della tela di Abramo e il sacrificio di Isacco che si trova a Princeton, in America.
Data di realizzazione: 1598
Dimensioni: 116 x 173 cm
Dove si trova: Collezione privata Piasecka-Johnson, Princeton
Questa tela di Caravaggio il sacrificio di Isacco di Princeton è stato dipinta nel 1598: in quell’anno, l’artista era ricoverato all’Ospedale della Consolazione.
Cosa ci faceva in ospedale Caravaggio? A detta di vari studiosi, il giovane si sarebbe fatto male a causa di un calcio da parte di un cavallo; altri pensano che invece si sia infortunato mentre stava dipingendo delle opere, eseguendo gli ordini del Cavalier d’Arpino.
Chi era il Cavalier d’Arpino? Era un giovane artista, non molto più grande di Caravaggio. Il suo vero nome era Giuseppe Cesari, e nonostante la sua giovinezza, aveva già raggiunto ottimi traguardi, permettendogli di assumere diversi aiutanti, tra cui anche Michelangelo Merisi, arrivato da poco a Roma e con tanta voglia di mettersi in gioco.
Mentre lavora per il Cavaliere, Caravaggio è frustrato: vuole fare qualcosa di più e non dei “lavoretti” per un altro artista.
Potrebbe sembrare strano, ma il suo “imprevisto” sul lavoro capita al momento giusto; infatti, è proprio all’interno dell’Ospedale che Caravaggio conosce un importante priore, Giulio Mancini, il quale è una persona influente nel mondo della chiesa, ed è anche un grande appassionato d’arte (oltre che essere un medico).
Mentre è ancora in convalescenza, Caravaggio non abbandona il pennello, anzi, continua a disegnare e migliorarsi: probabilmente Giulio Mancini scopre il grande talento del giovane e decide di commissionargli qualche lavoro, tra cui anche una tela riguardante il sacrificio di Abramo.
Passa un po’ di tempo e Caravaggio viene dimesso dall’ospedale e così le strade del giovane artista e di Giulio Mancini si dividono: il primo decide di abbandonare il Cavalier d’Arpino, mentre il secondo si dirige a Siviglia, in Spagna, portando con se un gran numero di quadri, compreso quello di Caravaggio.
Nonostante ciò, alcuni esperti non sono certi al 100% che questo quadro possa essere un Caravaggio originale, ma piuttosto, ritengono che possa trattarsi di un lavoro di Bartolomeo Cavarozzi, un pittore seguace dello stile ideato dallo stesso Michelangelo Merisi.
Perché questo dubbio? In effetti, molti anni dopo questa tela giunge tra le proprietà di Sotheby’s (una celebre casa d’aste), catalogata proprio come un lavoro di Cavarozzi.
in tempi recenti, però, la tela è stata analizzata con maggiore attenzione, e molti sono concordi nel pensare che la mano che ha realizzato questo capolavoro sia quella di Caravaggio.
Questa è la storia che ha portato alla nascita del quadro di Abramo sacrifica Isacco.
Il preciso momento realizzato da Caravaggio è quello narrato nel libro della Genesi: è l’esatto istante in cui Dio, volendo mettere alla prova la fede di Abramo, gli ordina di sacrificargli suo figlio Isacco.
Abramo, pur trovandosi in una posizione scomoda, non tentenna neanche un istante davanti alla richiesta di Dio, e così si mette all’opera e prepara suo figlio per il sacrificio.
Fortunatamente, la storia di Isacco non si conclude con la sua morte, ma con l’arrivo di un angelo inviato da Dio stesso a fermare la mano di Abramo dal mettere in atto il sacrificio; al posto del giovane, l’angelo gli indica di sacrificare un ariete.
Perché proprio l’ariete e non un altro animale? In molti quadri, (così come in questo Caravaggio sacrificio di Isacco) è l’ariete l’animale per eccellenza che simboleggia il “sacrificio” di Cristo.
Guarda con attenzione la tela: Caravaggio pone grande attenzione solo per i protagonisti del quadro, eliminando ogni riferimento all’ambiente ed optando per una scena completamente buia.
Questa oscurità è la stessa che contraddistinguerà i futuri capolavori di questo artista, arrivando ad essere chiamata “pittura a risparmio”.
I protagonisti della scena sono studiati fino ai minimi particolari. Se guardi il quadro per la prima volta, riconoscere i vari personaggi è un gioco da ragazzi: a sinistra c’è l’angelo inviato da Dio, in basso c’è l’ariete, al centro si trova Abramo, il padre di Isacco ed infine la giovane vittima che sta per essere sacrificata.
Isacco è in un visibile stato di sotto shock, poiché è convinto di morire, ma proprio all’ultimo istante, l’angelo ha fermato la mano del padre, salvandogli la vita.
Guarda il volto del giovane: è confuso e terrorizzato e non capisce chiaramente che cosa sta accadendo, e chi ha fermato Abramo dal compiere il proprio dovere.
Hai notato che tutti i personaggi sono connessi tramite i loro movimenti? Con un braccio l’angelo tocca l’ariete, con l’altro ferma Abramo; quest’ultimo con una mano stringe il coltello e con l’altra trattiene per i capelli di Isacco, pronto a colpirlo fatalmente.
Il giovane Isacco, disteso su un blocco roccioso, era pronto ad essere immolato come sacrificio in onore di Dio, con le gambe distese sulla roccia (ed una delle gambe tocca proprio l’ariete).
I toni utilizzati da Caravaggio per colorare le vesti dei protagonisti (ed in particolare quelle di Abramo) sono intensi e saltano immediatamente ai nostri occhi, ma il “tocco di classe” che, personalmente trovo eccezionale, è il riflesso dell’ariete nel coltello stretto tra le mani di Abramo.
IL SACRIFICIO DI ISACCO DEGLI UFFIZI
Qui puoi leggere tutto a proposito del quadro di Caravaggio, il sacrificio di Isacco conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
Data di realizzazione: 1603
Dimensioni: 104 x 135 cm
Dove si trova: Galleria degli Uffizi, Firenze
Questa seconda versione del Sacrificio di Isacco viene commissionato al Merisi quando quest’ultimo non è più un “signor nessuno”, ma ha cominciato a costruirsi una reputazione.
A richiedere l’esecuzione di questo quadro è il cardinale Maffeo Barberini, che in futuro diventerà il papa Urbano VIII.
Ottenuto l’incarico, Caravaggio si mette all’opera e completa il tutto nel giro di un anno, e viene pagato con 100 scudi.
5 anni dopo, nel 1608, il quadro si trova ancora nella collezione Barberini, ma poco più di un secolo dopo, il nome di questo lavoro riappare nella collezione della famiglia Sciarra; è proprio questa famiglia che dona l’opera agli Uffizi.
Uno degli elementi più interessanti di questo quadro è il modello che ha posato per il ruolo di Isacco: secondo molti studiosi, dovrebbe trattarsi di Cecco Boneri (conosciuto anche come Cecco del Caravaggio); secondo alcuni studiosi, Cecco avrebbe posato anche per il ruolo dell’angelo, ma con i lineamenti del volto palesemente modificati per evitare la ripetizione della stessa figura nella scena.
Questo giovane è sempre stato al centro delle attenzioni di Caravaggio, a tal punto che lo utilizza come modello per i suoi capolavori.
Non mi credi? Allora guarda questi altri quadri di Caravaggio e scopri quante volte Cecco sia presente nei lavori dell’artista: è lui che impersona il giovane eroe nella scena del Davide e Golia; è sempre lui ad essere il protagonista di Amor Vincit Omnia, poi anche il San Giovanni Battista conservato ai Musei Capitolini gli assomiglia molto, e la stessa cosa vale per l’angelo che sorregge Cristo nella Conversione di San Paolo.
Il momento scelto per il quadro della storia di Abramo ed Isacco, è quello in cui il primo sta per sacrificare suo figlio a Dio, eseguendo il volere di quest’ultimo.
Prima di immolare suo figlio, Abramo viene fermato, tempestivamente, da un angelo inviato da Dio, ordinandogli di fermarsi e sacrificare un ariete al posto del giovane.
Diversamente da tanti altri quadri realizzati da Caravaggio, in questa tela puoi notare la presenza di un vero e proprio paesaggio naturale alle spalle dei protagonisti, mettendo da parte la caratteristica oscurità che avvolge altre tele di questo artista.
Guardando con attenzione l’ambiente che circonda i protagonisti, molti hanno riconosciuto uno scorcio di una campagna romana, per la precisione Castel san Pietro Sabino, che era una delle proprietà della ricca famiglia dei Mattei (che erano mecenati e grandi collezionisti dei quadri di Caravaggio).
La particolare presenza del paesaggio non è un elemento da trascurare.
È proprio grazie a questo che possiamo collocare cronologicamente questo quadro nella carriera di Caravaggio: infatti, questo lavoro fa parte della prima fase produttiva dell’artista, ovvero quando arriva a Roma, mentre sta elaborando e migliorando il proprio stile prima di effettuare il “grande salto” e trasformare radicalmente il proprio approccio immergendo le sue scene nell’oscurità.
Un altro importante particolare di questo quadro è la disposizione piramidale dei protagonisti, ed è proprio Abramo, pronto a rispettare il volere di Dio, ad essere alla punta del gruppo.
Quali sono gli elementi più significativi di questa scena? Tra tutti, l’espressione terrorizzata e scioccata di Isacco è importantissima.
Il giovane è impaurito ed ormai è convinto di non avere scampo, reagendo come una persona qualsiasi.
Qualsiasi accenno di eroismo viene a mancare e l’immensità dei personaggi biblici si annulla completamente, trasformando i protagonisti in semplici esseri umani.
L’espressione decisa di Abramo può farti capire che è pronto a tutto pur di eseguire la volontà del Signore, mettendo la fede al di sopra di tutto.
Sono proprio le espressioni i veri “protagonisti” di questa scena: non hanno bisogno di dire nemmeno una parola i personaggi, basta guardare i loro volti e fare attenzione ai loro movimenti per capire immediatamente cosa sta accadendo.
Questa straordinaria espressività che risalta nel quadro fa intuire l’interesse da parte di Caravaggio per gli studi di fisiognomica sviluppati dal grande Leonardo da Vinci.
Fortunatamente, prima di compiere questo gesto estremo, arriva l’angelo a bloccare con fermezza la mano di Abramo, strattonandolo per il polso e dicendogli che deve sacrificare l’ariete e non suo figlio.
Questa scena è più di una semplice rappresentazione di una storia biblica: Abramo simboleggia l’uomo con assoluta fede in Dio e che non lo mette mai in discussione; il sacrificio di Isacco allude anche al futuro sacrificio di Cristo per salvare l’umanità.
Il sacrificio di Isacco di Caravaggio: la “doppia” prova della fede
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